Io sono stata sempre curiosa di capirmi per bene: non sono sempre razionale e, a volte, alcune mie azioni sembrano proprio mirate a tagliarmi le gambe in senso metaforico quando magari ho l’intenzione di raggiungere a livello lavorativo certe vette. Insomma, guardando con calma alcune azioni e decisioni noto a posteriori che ho spesso scelto una strada di montagna piena di curve invece dell’autostrada per raggiungere certi obiettivi.
In breve, sono, come tutti, più complessa di quello che sembro. Per Jung la personalità o psiche è costituita da istanze che tra loro interagiscono: l’io o la mente cosciente e l’inconscio. Qui mi soffermo sull’inconscio che risulta un concetto diverso da quello freudiano, la famosa base dell’iceberg che tutti ci formiamo in mente ha come due piedoni in questo caso. Abbiamo, infatti, due tipi di inconscio, quello personale e quello collettivo. Il primo è formato da esperienze rimosse: esperienze troppo deboli e quelle che vengono definite “complessi”. Ecco poi abbiamo l’inconscio collettivo e su questo mi volevo soffermare, visto che anche per gli studenti di psicologia risulta una nozione nuovo.
L’inconscio collettivo è un insieme, meglio, una sorta di magazzino che contiene i concetti che appartengono all’umanità tutta, è il deposito dello sviluppo psichico dell’uomo. Un paragone che viene spesso fatto per spiegarlo è quello con i geni, che non vediamo ma ci costituiscono. L’inconscio collettivo potrebbe essere paragonato al genepool umano in un certo senso, un accumulo dei “geni psichici-simboli” dell’essere umano per rimanere in metafora: insomma una base di tracce latenti del nostro passato evolutivo, un bagaglio cresciuto attraverso le esperienze accumulatesi dei diversi esseri umani. L’inconscio collettivo è il residuo psichico dello sviluppo evolutivo dell’essere umano. Nell’inconscio collettivo sono presenti gli archetipi: fome di pensiero dotate di contenuto affettivo: l’animus, immagine del maschile; l’anima, immagine del femminile; il Selbst, il Sé, se stesso.
L’individuo è una maschera – una persona – che serve a rispondere alle esigenze della società, alla sua integrazione nel contesto in cui vive. E poi abbiamo l’ombra, sia un archetipo ma anche la parte di noi che non vogliamo riconoscere come nostra e che spingiamo giù nel profondo facendo finta di non vederla. L’ombra non è necessariamente costituita da caratteristiche negative, come l’egoismo, ma anche da tratti come la sensibilità, l’intelligenza. Pensiamo a una bambina con grandi doti matematiche e capacità di pensiero ingegneristiche in una società in cui si vuole che le ragazze sappiano crescere i bimbi e avere dote artistiche. Questa fanciulla si potrebbe sentire fuori luogo e riporre tutte queste sue caratteristiche nell’ombra: rifiutarle, considerarle come qualcosa che non le appartiene. Se si pensa che le ragazze debbano essere tutte fantasia e immaginazione, chi ha doti razionali potrebbe sentirsi fuori luogo e rigettare queste sue attitudini. Non considerare una parte di noi richiede energie che impieghiamo per reprimerla. Jung sostiene che per vivere una vita completa risulta importante integrare l’ombra dentro di noi, e, inserendola, a mio parere, compiamo un altro passo, ci facciamo carico della nostra vita.
Non integrare l’ombra potrebbe portare anche a non trovare la propria strada, vivendo una vita non nostra. Ma come possiamo definire questa ombra? Sono le funzioni e gli atteggiamenti nascosti della personalità e, a volte, non sviluppati. Nascosti a chi? Alla parte cosciente della psiche. Anche se per correttezza devo precisare che l’ombra non è solo una parte della personalità ma è anche un archetipo o un’immagine archetipica. L’ombra si trova nascosta e tutte quelle antipatie ingiustificate, appunto causate da questa parte negata di noi, della nostra psiche. Il riconoscimento della proiezione dell’ombra – appunto le avversioni immotivate – ci aiuta a divenire persone complete, attraverso un movimento quasi dialettico che riconosce la presenza degli opposti in ognuno di noi, del bene e del male. Quando ci ripudiamo queste parti viviamo comunque una vita parziale: queste sezioni della nostra psiche sono costretta a svolgere una vita in solitudine.
A volte si ribellano perché vogliono essere considerate. Senza l’integrazione della nostra ombra inciampiamo sempre nei nostri errori e viviamo una vita che non è nostra. Usiamo tutta l’energia psichica per sopprimere ciò che non ci piace, invece di accoglierlo e decidere come agire di conseguenza Anche se fossimo stupidi: saremmo forse gli unici? Se iniziassimo a integrare i nostri difetti riusciremmo a guardarci negli occhi per quello che siamo e ad agire in modo pertinente. I numeri non sono per me, li trovo noiosi, non faccio finta che siano altro e cerco una professione che ne faccia a meno: perderò senza dubbio meno tempo che a cercar di fare la ragioniera. Quando accettiamo la nostra Ombra partiamo per un viaggio tutto nostro, quello di diventare individui, particolari e unici. Penso ne valga la pena.