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Eventi | 25 settembre 2021, 11:56

In Val Pellice un amore impossibile tra protagonisti non umani: succede nella nuova leggenda ‘Castlüs’

È nata dall’immaginazione di Carlo Degiovanni, appassionato di corsa in montagna, sport che pratica e racconta da anni

Il Castelluzzo a sinistra

Il Castelluzzo a sinistra

Cambiano ma sono immobili dalla notte dei tempi, non si possono avvicinare ma si sanno amare rimanendo a debita distanza. La nuova leggenda della Val Pellice ‘Castlüs’ (Castelluzzo) è ambientata quando il mondo era giovane, e dell’uomo non si vedeva ancora traccia. Le protagoniste coinvolte in una storia d’amore, sono cime e località della bassa valle: il Castelluzzo, la Sea e la Rocca di Cavour. “D’altronde prima Dio ha fatto le montagne, l’uomo l’ha creato solo all’ultimo, quando ormai non sapeva proprio più cosa fare” così Carlo Degiovanni, appassionato di marce alpine, che le corre e le narra da anni, argomenta in modo scherzoso la scelta dei soggetti della sua leggenda.

La storia racconta dunque di un amore impossibile tra posti abbastanza conosciuti da chi vive la Val Pellice: “La Sea, femminile con le suo sinuosità e il Castelluzzo, più rustico e quindi maschio. E nelle loro vicende avrà un ruolo anche la Rocca di Cavour e forse ne uscirà meglio degli altri”.

Degiovanni frequenta le montagne della Val Pellice soprattutto di corsa e l’ispirazione per la nuova leggenda ha avuto origine proprio dalla fatica degli allenamenti: “Anche le montagne hanno sentimenti ma bisogna andare a correre in montagna per riuscire a immaginarseli: quando ti ritrovi lì da solo, immerso nella natura, ad avanzare su ripidi sentieri, capita che il grado di fatica diventi tale da indurti quasi a un atteggiamento estatico, e lì si scatena l’immaginazione”. La sua leggenda non spiega né insegna nulla, non ha una morale, ma forse aiuta a percepire con più attenzione lo spettacolo che le montagne offrono.

‘Castlüs’ verrà presentata stasera, sabato 25 settembre, alle 20,45, il Teatro del Forte di Torre Pellice (via al Forte 3) nella traduzione in occitano a cura di Tatiana Barolin, accompagnata dagli arrangiamenti e dalle composizioni musicali di Dario Paone per Orchestraperta.

Elisa Rollino

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