Torino sempre più culla delle aziende del futuro. Ma non tutte le luci coprono le ombre del mondo start up. Lo dice la nuova ricerca del Club degli investitori, che conta all'appello 543 start up e pmi innovative iscritte al registro Unioncamere, di cui ben 461 start up, cifre che fanno di Torino la quarta città In Italia a livello di presenze dietro Milano, Roma e Napoli, ma terza per densità dietro il capoluogo lombardo e Roma, con 2,20 start up ogni diecimila abitanti. La Capitale ne conta 3,3 mentre all'ombra del Duomo di arriva a 7,8. Quindi tre volte tanto, rispetto a Torino.
UNA CRESCITA DEL 20% E VOCAZIONE HI-TECH
In un anno si è cresciuti di quasi il 20% (da 390 a 461, appunto) con un'età media dei fondatori intorno ai 40 anni, spesso già con esperienze manageriali, ma solo il 14% sono donne. Anche se in linea con l'Europa e davanti alla Silicone Valley.
Il 54% sono start up sono attive nelle tecnologie (STEM), seguito dall'ambito economico. Anche se il fatturato è ancora limitato, con 61 milioni di euro e un valore medio di 133mila. Rispetto alla media nazionale, il dato è inferiore del 27%.
Come habitat, comunque, Torino sta approfondendo le sue capacità, con 14 acceleratori di start up, 4 start up studio, 8 fondi di venture capital, 3 corporate venture e 300 business angel.
TORINO SECONDA CITTÀ PER INVESTIMENTI IN ITALIA
"Quest'anno gli investimenti sono più che triplicati - dice Giancarlo Rocchietti, presidente del Club degli Investitori - da 60 a oltre 200 milioni, mentre nel resto d'Italia si stima un raddoppio. Torino nel 2021 sarà dunque la seconda città in Italia, ma la prima nel settore hi-tech. Anche se il 70% delle risorse sono state raccolte da due sole start up".
MANCANO LE COMPETENZE MANAGERIALI
Alla voce necessità, però, le start up lamentano carenze in vendite e marketing (31,7%), ma anche competenze tecnico-ingegneristiche (20,8%). A questo, si aggiunge anche un 20% piuttosto pesante di carenze in ambito finanziario. "Bisogna dunque cercare di abbinare competenze manageriali a quelle tecniche - ammonisce Rocchietti - andando a superare quella risposta secondo la quale chi fonda una start up a Torino lo fa perché è nato qui e dunque non perché ci siano caratteristiche particolari".
COSA CHIEDI A TORINO?
Tra le necessità che gli startupper mettono sul tavolo, confrontandosi con ciò che offre Torino, c'è la richiesta di aumentare la presenza di Investitori (31%), seguita da più occasioni di networking (27%) e da una maggiore semplicità nel creare start up (16%).
L'apertura ai mercati stranieri è però ancora molto limitata (solo il 38,4%) e il confronto con città europee che sono già "capitali" come Monaco di Baviera, Lione e Rotterdam sono ancora molto lontane, anche in termini di "vocazione".
BASTA SPAZI, BISOGNA RIEMPIRLI DI COMUNITÀ
"Ci sono tutti gli ingredienti - dice Andrea Griva, presidente di Sei - ma la ricetta di Torino sembra ancora non riuscire alla perfezione. Manca una comunità, secondo me: basta con muri e spazi, bisogna riempirli di persone e occasioni di incontro".
"Noi cerchiamo di mettere competenze di management alla comunità - aggiunge Francesco Rattalino, tra i cofondatori di Escp Europe - e con la presenza di talenti stranieri vogliamo contaminare il territorio, dando apertura verso il mondo, a cominciare dalla lingua e dalla cultura".
"Le start up sono un termometro della città e il fatturato non è ciò che conta - conclude Dario Gallina, presidente della Camera di Commercio - Stiamo andando bene, ma c'è molto da lavorare. Forse non ci raccontiamo abbastanza e non siamo abbastanza sexy".