Economia e lavoro - 20 novembre 2021, 06:54

La Torino dell'auto si appella al Governo: "Gli incentivi non bastano, serve un piano nazionale come in Francia e Germania"

Marsiaj (Unione Industriale): "Momento di grave difficoltà per il settore, ma non c'è un progetto nella legge di Bilancio o nel Pnrr"

Catena di montaggio auto

Industriali e sindacati chiedono al Governo un piano per l'auto

Il mondo dell'automotive torinese torna a lanciare un appello al governo: se infatti da un lato si studiano i progetti per affrontare al meglio la sfida della transizione ecologica (mentre i numeri dell'economia confermano una ripresa diffusa), dall'altro l'attualità richiama l'attenzione su un mercato in forte difficoltà. 
Proprio i recenti dati Anfia mostrano come il mercato europeo dell’auto stia vivendo il quarto mese consecutivo di calo della domanda rispetto allo stesso periodo del 2019, per un volume nell’ordine del 30%.

Francia e Germania prime della classe. Noi no

Ecco perché serve un rimedio. E a far sentire con forza la propria voce è l'Unione Industriali di Torino, attraverso il presidente Giorgio Marsiaj: "I motivi della caduta dei mercati sono dovuti principalmente alla scarsa disponibilità di prodotto delle case automobilistiche, causata dalla carenza di semiconduttori, e alla minore fiducia dei consumatori per la pandemia". 

Una difficoltà che supera i confini nazionali. Ma "mentre Francia e Germania hanno previsto e stanno portando avanti importanti interventi a sostegno dell’industria automobilistica, l’Italia - al di là di alcuni incentivi all’acquisto - è l’unica che non preveda un piano industriale per l’auto. La conferma viene dal fatto che né la Legge di Bilancio né il PNRR indichino misure specifiche per il settore.

I timori di un intero settore

Ecco cosa preoccupa il settore, che in Piemonte e nel Torinese ha radici robuste e numeri (ancora) importanti. "Questo fatto è molto preoccupante per la nostra industria - dice Marsiaj -, e in particolare per il nostro territorio, soprattutto in vista degli ingenti investimenti previsti per la transizione ecologica ed energetica della mobilità. È assolutamente necessario che il Governo metta in atto rapidamente politiche concrete e di lungo periodo per l’automobile, soprattutto in questo momento estremamente difficile per questo settore strategico, che in Italia dà lavoro direttamente e indirettamente a oltre un milione e duecentomila persone”. 

 

La paura dei sindacati

Ma non è solo la parte datoriale a mostrare insofferenza. La stessa sensazione appartiene anche al mondo sindacale. "La FIM non assisterà in silenzio al declino di uno dei settori industriali più importanti del nostro Paese e al conseguente impatto negativo sull’occupazione. In Italia il già previsto cambio delle motorizzazioni mette a rischio oltre 60.000 posti di lavoro", ammoniscono il segretario nazionale Fim Cisl, Ferdinando Uliano e il coordinatore nazionale automotive Fim Cisl, Stefano Boschini. "Nonostante le denunce e le sollecitazioni di sindacato e imprese, nella legge di stabilità il Governo non ha previsto nessun intervento a sostegno di un settore travolto dai cambiamenti causati dalla transizione energetica ed ecologica, come pure nessun finanziamento a riguardo è previsto attraverso il PNRR. Per questo condividiamo le preoccupazioni espresse da Anfia e da altre associazioni del settore".

E aggiungono: "Nei diversi tavoli sull’automotive convocati al Ministero dello Sviluppo Economico abbiamo sempre sostenuto la necessità di un intervento con politiche di sostegno, al fine di assicurare la sostenibilità sociale e di evitare le ricadute negative sull’occupazione, le cui dimensioni rischiano di essere drammatiche per il Paese. In particolare abbiamo chiesto la costituzione di un Fondo per sostenere la trasformazione dell'industria automobilistica come hanno fatto in altri Paesi in Europa. Questo Fondo dovrà sostenere tutti gli interventi di carattere industriale, funzionali ad accompagnare il processo di trasformazione e d’innovazione del settore che va dalla digitalizzazione, al cambio delle motorizzazioni, alla produzione di batterie a quella di semiconduttori ma anche delle tecnologie dell’idrogeno e delle catene del valore dell'economia circolare".

Massimiliano Sciullo

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