L'arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, è tornato per l'ennesima volta sulla questione Embraco, vicenda che ha seguito con passione e interesse, che lo ha sempre visto dalla parte dei lavoratori in tutti questi anni di battaglie, prima della malinconica e dolorosa fine delle scorse settimane.
"Dignità per i lavoratori"
"Per 18 volte il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha usato, nel discorso di insediamento, la parola 'dignità'. Come dire che tra le principali necessità del nostro Paese c'è il rispetto per le persone. Se non si riconosce la dignità di ogni persona, finiamo per rassegnarci ad accettare la miseria e le disuguaglianze. Prendiamo per buone le spiegazioni “economiche” che abbandonano famiglie, anziani, bambini a se stessi. Non posso non raccogliere, nelle parole del Presidente, un richiamo diretto a certe situazioni nostre del territorio torinese, e in particolare a quella dei lavoratori della ex Embraco", ha detto l'arcivescovo, a proposito della situazione dell'azienda di Riva di Chieri.
"Basta calpestare lavoratori e famiglie"
La vicenda imprenditoriale e sindacale si è conclusa, almeno sul piano formale e delle procedure legali. Ma il problema, la questione drammatica che il caso Embraco in questi quattro anni ha sollevato, rimane tutta intera e aperta. "Ed è questione che riguarda tutti, non solo i lavoratori e le loro famiglie, non solo il sindacato, la Regione e il Governo nazionale", ha sottolineato Nosiglia. "Perché in questi anni, al di là di qualunque valutazione economica o produttiva, al di là della disinvoltura affaristica di alcuni, è la dignità delle persone dei lavoratori e delle loro famiglie ad essere stata calpestata. Mi auguro che all'appello del Presidente della Repubblica: tutti facciamo seguire gesti concreti. Tutti, a cominciare dai governi locali e da chi rappresenta il Piemonte nelle istituzioni nazionali".
"Uscire dagli equivoci una volta per tutte"
"Dobbiamo uscire dagli equivoci", ha concluso Mons. Nosiglia. "Diceva mons. Helder Camara: 'Quando dò cibo ai poveri mi chiamano santo. Quando domando perché i poveri non hanno cibo, dicono che sono un rivoluzionario'…".