Manfredo Pavoni, insegnante pinerolese di 57 anni, si trova in Ucraina, a Leopoli, per portare assistenza e aiutare le famiglie profughe ad attraversare il confine e ad arrivare in Italia.
Lunedì è arrivato in Polonia, a Przemyśl, a 15 km dal confine con l’Ucraina. Al centro rifugiati, allestito alla stazione, ha potuto essere testimone degli effetti devastanti della guerra. “Qui si vede l’umanità, non la guerra che vediamo in tv. Si vede l’umanità nei volti dei profughi, nelle donne anziane con i loro cagnolini, nelle famiglie con mamme e i figli e loro canarini in gabbia, nei ragazzi disabili e con la sindrome di Down, tutti qui a dormire nello stesso posto, sulle stesse brandine”, descrive Pavoni. Nel centro sono presenti soprattutto organizzazioni di base in autonomia, sono poche quelle ufficiali, e c’è un nutrito numero di medici.
Mercoledì mattina è partito per Leopoli: “Alla frontiera, ai controlli fotografano le auto e identificano i passeggeri, richiedendo la firma su un documento che assolve chi controlla al confine da ogni responsabilità su ciò che può accadere in Ucraina” racconta Pavoni. A 70km dalla frontiera si trova Leopoli. “Il viaggio all’andata è logicamente molto tranquillo, siamo in pochi in questa direzione. Il problema è uscire: ci sono circa 10.000 macchine in coda, la gente alla frontiera si accalca per arrivare in Polonia”. Arrivando vede del fumo: è stato bombardato un ponte nei pressi dell’aeroporto.
La città è militarizzata, con checkpoint di controllo molto frequenti e barricate di sacchi di sabbia. “Viene controllato chi vuole uscire dalla città: gli uomini dai 18 ai 60 anni sono obbligati a prestare servizio militare e gli viene impedito di abbandonare città e Paese” continua Pavoni. L’atmosfera descritta è particolare, di ansia e di attesa ma mai di rassegnazione: “Durante la giornata si fa incetta di cibo, e con il coprifuoco alle sette non si può uscire la sera, ma di giorno la gente si ritrova nelle piazze, ci sono musicisti che suonano. Ho anche visto un gruppo di ballerine danzare. Le radio trasmettono canzoni come ‘The Wall’ dei Pink Floyd e ‘Imagine’ di John Lennon, e c’è grande attenzione nel ribadire che il popolo ucraino vuole la pace. Non vedo tristezza, ma solo volontà di vivere giorno per giorno, ma gli aiuti, italiani e internazionali, sono pochissimi”. Nella notte tra mercoledì e giovedì, alle 3, sono suonate le sirene d’allarme, e ha dovuto rifugiarsi in un bunker.
La missione, ora, è uscire dalla città, superando i continui checkpoint militari. Una famiglia composta da una nonna, una madre e due gemelle tenterà, con l’aiuto di Pavoni, di attraversare il confine e arrivare in Italia, dove le attendono amici a Villar Perosa.
“È sui visi che incontri che è scavato il dramma di un conflitto che dimostra che l'umanità non è cresciuta in niente, solo negli aspetti tecnici, ma mai nella capacità di risolvere i conflitti. Al centro profughi in Polonia c’erano anche dei giovani ucraini contro la guerra, ci sono sicuramente ragazzi che vorrebbero abbandonare il Paese come obiettori di coscienza, così come ci sono sicuramente anche in Russia: le persone che rifiutano il conflitto si trovano da entrambe le parti ed è importante ricordarlo perché se fossero la maggioranza questa guerra non esisterebbe” conclude Pavoni.