E’ un Dario Argento che si commuove quello che ieri al Museo del Cinema ha ricevuto il premio Stella della Mole 2022. “Se dovessi celebrare in qualche città sarebbe Torino dove ho girato tantissimi dei miei film, dove immaginavo di poter vivere, di trasferirmi. Una città così bella, espressiva, mutevole” racconta il maestro del brivido, autore di innumerevoli capolavori del genere horror, da "Suspiria" a "La terza Madre", passando per "Profondo Rosso" che fu girato proprio a Torino. Sono tanti i luoghi del capoluogo che Argento ha visitato e ha reso celebri: dall’iconica piazza CNL a villa Scott, ma anche piazza Castello e via Accademia Albertina, e poi ancora piazza Carignano e villa Cossavella.
Attraverso le sue pellicole i torinesi stessi hanno potuto guardare con occhi diversi luoghi simbolici o altre volte sconosciuti della propria città. Oggi Dario Argento ha molte collaborazioni in atto all’estero però, soprattutto in Francia. Proprio con una produzione francese ha girato il suo ultimo film “Occhiali Neri” e sempre dai cugini d’oltralpe potrebbe dirigere il prossimo lavoro.
“Mi hanno proposto un film da fare in Francia, ovviamente sarà un noir, a Parigi, è interessante ma non so ancora se lo farò e al momento non posso dire nient’altro”.
Noir, gialli, horror. I suoi film parlano del male in varie forme. E’ un tentativo di esorcizzarlo?
“No, non esorcizzo il male. Racconto storie, ma non voglio che siano una specie di liberazione, sono storie che io immagino e che poi metto in scena, in cui la realtà non entra”.
Ma è più difficile far paura alla gente oggi?
“No, non credo sia più difficile. Se non ci fosse la paura non ci sarebbe vita, ci evita tanti pericoli. Non penso sia cambiata però, soprattutto nel nostro profondo. Una volta c’è l’epidemia poi una volta la guerra, ci sono tanti fatti che continuano ad alimentare le nostre paure, ma quelle che io racconto non sono paure reali, sono immaginarie che vengono dal mio animo profondo”.
Parlando delle paure di oggi, la guerra in Ucraina è quella che forse dopo il Covid ha scosso l’animo di tutti. Lei la teme?
“Certo, ho paura della guerra. Ma quella è la vita. Vita che appare nei giornali ma che non mi interessa raccontare”.
Protagoniste oltre alla paura dei suoi film sono spesso le donne. Perché?
“Quando Sergio Leone chiamò me e Bernardo Bertolucci per raccontare un personaggio femminile in C’era una vola il west, lo fece perché in Italia secondo lui non c’erano sceneggiatori in grado di raccontare le donne e noi essendo giovani magari potevamo fare qualcosa di migliore. E noi abbiamo dato il meglio”. Da lì, l’intento di dare una prospettiva femminile anche nei suoi film, un’esigenza che però nasce dal passato. “Mia mamma era una famosa fotografa, dopo la scuola andavo nel suo studio, mi mettevano in un camerino, dall’altra parte c’erano le attrici che non facevano mai caso a me, si spogliavano e si truccavano come se non mi vedessero, ho ancora in mente l’odore dolciastro del make up. Mia madre le illuminava con le luci e iniziavano gli scatti, è così ho iniziato a capire le donne. Nei miei film sono quasi tutte protagoniste femminili, da mia figlia Asia a Jennifer Connelly”.
Un tratto distintivo nell’opera di Argento è la costante presenza degli animali, forti e talvolta aggressivi.
“Dimentichiamo che la nostra vita è piena di animali, quando si fanno i film non esistono e invece la realtà è piena di animali, insetti, uccelli, di tutto insomma. Li racconto perché fanno parte della nostra vita”.
E’ vero che la sua ispirazione arriva un po’ per caso?
“Sì, certo. Per realizzare la scena dello specchio di Profondo Rosso ho tratto ispirazione mentre guardavo dallo specchietto retrovisore della macchina - racconta -. Un’altra volta un’idea per un film mi è venuta mentre andavo in macchina verso Roma. Mi ero così preso che ho sbagliato strada e ho imboccato l’autostrada per andare a Firenze. Poi sempre per Profondo Rosso, il titolo mi è venuto in mente mentre tornavo in macchina. Mio fratello mi disse ‘ma veramente? non mi sembra tanto giusto’. E invece lo chiamammo così”.
Una scelta azzeccata che ha sicuramente premiato e fatto la storia del cinema italiano. Cinema di genere che oggi si è un po’ disperso. Come mai?
“Si è disperso sicuramente, ma non so come mai. In un certo momento sembrava che tutto andasse meglio, c’era Michele Soavi, Roberto Bava, Sergio Stivaletti, ma poi man mano si è cominciato a perdere, è arrivata la commedia italiana, un po’ banale e di cattivo gusto. Siamo stati superati da tutti e alla fine il nostro cinema si è molto impoverito”.
Oggi a 82 anni, Dario Argento pensa ancora a girare film e forse a girarli proprio nella sua amata Torino. “Chissà forse qui ne farò ancora tanti”.