Non bastava vedere il Filadelfia trattato come un qualsiasi centro di allenamento, in affitto per due soldi, ma gestito come fosse una proprietà privata, in spregio allo Statuto della Fondazione, che lo vorrebbe fruibile al pubblico e senza rispetto dei tifosi, no.
Non bastava vedere il glorioso settore giovanile granata smembrato e ridotto ai minimi termini di sempre, con squadre sparse ovunque e Primavera in esilio a Biella, no.
Non bastava per due stagioni consecutive prendere sette reti in una sola partita casalinga, in uno stadio che degli Immortali prende il nome ma non il cuore, no.
Non bastava vedere ogni maledetto anno, uno dopo l’altro, inesorabilmente, la squadra disfatta per le cessioni dei migliori in cambio di soldi che non venivano mai investiti in egual misura a quanti ne erano entrati, no.
Non bastava, no.
Ci tocca anche assistere alla cessione del miglior difensore della serie A alla Juventus per la metà di quello che loro hanno venduto un pallavolista.
Mi rendo perfettamente conto che ad un alessandrino trapiantato a Milano, col cuore rossonero per giunta, non crei nessun problema cedere un gioiello granata ai bianconeri, basta che paghino i soldi che lui ha chiesto, ma a noi che abbiamo granata non solo il cuore ed il sangue, ma anche i cromosomi, manda in bestia.
Ai tempi di Borsano per Lentini al Milan ci fu una mezza rivoluzione e lo stesso accadde, venticinque anni prima, per la ventilata cessione di Meroni alla Juve dell’Avvocato.
E oggi?
Dov’è finito l’orgoglio granata?
Per la carità, non sto né ipotizzando né tantomeno istigando nessuno a commettere atti violenti ed illeciti, ma i modi per reagire ci sono eccome.
Con incredibile sincronismo, è iniziata la campagna abbonamenti. Bene, sarebbe un primo segnale forte lasciarli ai botteghini.
Stadio deserto, tanto per iniziare.
E poi visto che di questi tempi i soldi scarseggiano ed è opportuno spenderli con oculatezza, tiriamo giù una lista delle attività di Cairo e dei suoi partner commerciali e pensiamoci non una, ma cento volte prima di dargli anche solo un centesimo dei nostri sudati guadagni.
Tanto a lui dei nostri cori e striscioni non frega nulla, gli entrano da una parte ed escono dall’altra.
L’unico argomento che lo tocca e può farlo soffrire, sono i soldi.
Non i cori, ma il fruscio delle banconote, non gli striscioni ma le strisciate di bancomat e carte di credito.
Restituiamo, pan per focaccia, tutto quello che in questi diciassette vergognosi anni abbiamo avuto.
Vediamo se così, senza la benché minima traccia di violenza o illegalità, riusciamo a levarcelo dai piedi una volta per tutte.
In fondo, non gliel’ha mica ordinato nessuno di fare il socio unico del Torino FC S.p.A.
O forse no?