La via Francigena raccontata da sedici illustratori italiani. Sedici tavole, con caratteristiche e tecniche diverse, esposte fino al 10 ottobre al piano terra di Palazzo Madama.
Tra gli illustratori impegnati nel progetto anche tre torinesi: Elisa Seitzinger, Jacopo Rosati e Gabriele Pino.
“Il tema che ho scelto è quello della via Michelita - racconta Elisa Seitzinger - è la via che si narra che abbia tracciato San Michele cacciando il diavolo all’inferno”. Protagonista della colorata tavola “Il Piemonte della via Michelita” è proprio l’arcangelo San Michele. “Ho arricchito la figura inserendo i santuari nati su questa via che presenta una vera e propria diagonale retta dall’Irlanda e fino a Israele dove sorgono appunto sette santuari”.
Protagonista in Piemonte è la Sacra di San Michele, unico santuario in terra.
“Il mio è un disegno manuale, poi colorato per avere il massimo dell’impatto grafico. Mi sono ispirata alle antiche iconografie di San Michele, con colori molto forti e uno sfondo azzurro e spirituale. Sono andata a indagare la nostra storia dell’arte, ma per me è stato un viaggio a ritroso con cui ho confidenza. Alcuni di questi sono luoghi del cuore, io stessa sono andata in pellegrinaggio e spero un giorno di arrivare in Irlanda a vedere il santuario di Skellig Michael”.
Jacopo Rosati è originario di Venezia, ma vive da anni a Torino e per la mostra ha realizzato la tavola “Il Piemonte del welfare sociale”. “Ho voluto concentrarmi sul concetto di pellegrinaggio in generale, un concetto interessante perché al di là della dimensione spirituale non è semplice turismo, quello che prevede un viaggio dove vai e torni sempre uguale a prima. Il pellegrinaggio è proprio un viaggio in cui ci si perde all’interno delle altre culture, in paesaggi lontani da casa. Ho cercato di unire questo concetto all’idea di condivisine e interazione delle persone nonostante l’età e le condizioni fisiche e sociali”.
Da Canterbury, espandendo le tappe piemontesi, il lavoro di Rosati appare proprio come un gioco da tavola. “All’interno si vedono le persone intraprendere un viaggio di cambiamento circondate dalle opere di architettura che ritornano come specchio di questo stesso cambiamento”.
Dai colori delicati e acquatici, l’opera di Gabriele Pino “Il Piemonte dell’uomo e della natura” appare come un acquerello quasi astratto a un primo sguardo. Avvicinandosi ecco però la magia: tanti piccoli dettagli che illustrano i luoghi, gli animali e le persone della via Francigena piemontese. “Il tema era il rapporto fra uomo e natura. Ho pensato di raccontare le comunità che vivono al limitare, tra il contesto naturale e quello urbano. Mi sono quindi ispirato alle danze di paese a quelle occitane”.
“Il cammino rappresenta uno stare da soli ma anche uno stare con gli altri. Lungo la strada, ci si ferma, si conoscono persone con cui stare insieme, è un giro tondo tra uomini donne e la sostanza che condividiamo tutti”.
Dalla genziana alla ajucca, dalle conifere, agli aironi, fino alle persone che percorrono il centro storico di Mondovì, il Monferrato, il ponte di Lanzo, tutti fanno parte di questo girotondo. “C’è presenza di vegetali e animali, luoghi reali che ispirano però il fantastico. Come quando camminiamo in un bosco, subito non notiamo tutto ciò che ci circonda, poi ci rendiamo conto di una marea di dettagli che coesistono con noi”.