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Attualità | 11 novembre 2023, 17:00

Calo delle nascite, per 7 torinesi su 10 è una questione economica. E servono più aiuti per le famiglie

Resta comunque forte il desiderio di formare una famiglia: i risultati di un interessante studio condotto da Changes Unipol elaborato da Ipsos

famiglia - foto d'archivio

Calo delle nascite, per 7 torinesi su 10 è una questione economica

Per i torinesi le principali cause della denatalità che sta colpendo il nostro Paese sono di natura economico-personale (72%) e legata a insufficienti politiche a supporto della famiglia (51%). È quanto emerge da “Gli italiani e la denatalità”, la ricerca realizzata da Changes Unipol ed elaborata da Ipsos, finalizzata ad analizzare la situazione familiare in Italia e i motivi, le conseguenze e le misure a supporto della denatalità.

Cause denatalità di natura economica

Per gli abitanti del capoluogo piemontese, infatti, l’aumento dell’età media in cui si fanno figli origina soprattutto più da motivazioni economiche e personali (72%, percentuale più alta fra le aree metropolitane prese in analisi) che da motivazioni socio-culturali (valide solo per 1 intervistato su 2).  

Spiccano, in particolare, le spese troppo elevate che non consentono di “mettere su famiglia” (47%) ed il costo della vita, ritenuto troppo elevato rispetto al reddito percepito (44%). A queste motivazioni, se ne legherebbero infatti principalmente per i torinesi altre di natura prettamente lavorativa (valide in generale per il 54% degli intervistati, 4 punti percentuali sopra la media italiana) e, in particolare, la difficoltà di avere una situazione contrattuale stabile/soddisfacente nei primi anni di carriera (32%). 

Sono ritenuti invece elementi meno rilevanti la mancanza di una casa di proprietà (12%), la diminuzione dei matrimoni (10%) o la scarsa parità di genere sul mondo del lavoro (12%). 

Questo scenario si rispecchia direttamente nella situazione di chi rimanda o non prospetta di avere figli, fra cui le motivazioni economico-personali pesano per più di 1 intervistato su 2 (52%, contro il 34% della media italiana), con in primo piano il costo della vita, ritenuto troppo alto a Torino rispetto per pensare di fare figli (30%, contro l’11% della media nazionale). Soltanto il 17% dichiara invece di non avere in progetto di fare figli perché, semplicemente, non rientra nei propri piani per il futuro. 

Più di 7 torinesi su 10 (73%, la percentuale più alta in Italia) arrivano a dedurre da questo che le coppie abbiano oggi generalmente meno interesse a fare figli rispetto a dieci anni fa. 

A Torino prevalente il desiderio di avere figli 

Torino è ad ogni modo la seconda città italiana per quota di chi ha figli (il 54% ha almeno un figlio, dopo Milano con il 61%) e scende terzultima (solo prima di Bologna e Firenze, ferme entrambe al 28%) se si parla di due figli (31%). Ciononostante, per il 58% degli intervistati il numero di figli ideali sarebbe proprio due. 

Guardando a chi non ha figli, inoltre, Torino è fra le città in cui prevale maggiormente in Italia la voglia di averne in futuro (seconda colo a Cagliari con il 47%). Questo vale infatti per il 41% degli intervistati, fra cui però permane un atteggiamento “prudente”: solo il 9% di questi, infatti, programma concretamente di fare un figlio nel prossimo futuro, mentre il 32% è certo che non avverrà prima di 5 anni. 

Insufficienti le azioni a supporto della natalità 

1 torinese su 3 ritiene insufficienti (51%, voto da 1 a 5) o appena sufficienti (15%, voto 6) le attuali politiche a supporto della famiglia. 

Fra i principali desiderata, spiccano soprattutto a Torino l’assegno universale mensile per ogni figlio a carico fino all’età adulta (58%), una riforma estensiva dei congedi parentali (56%) e l’assicurare il protagonismo dei giovani under 35, promuovendo la loro autostima finanziaria (55%). 

Per più di 6 torinesi su 10 (63%), inoltre, una maggiore flessibilità lavorativa potrebbe aiutare a contrastare la denatalità – in particolare, l’introduzione della “settimana corta” sarebbe utile per il 34% degli intervistati, seguita dal garantire una qualche modalità di lavoro da remoto (26%) e dell’introduzione di un maggior flessibilità nell’orario in entrata e in uscita (24%).  

Fra gli aiuti di tipo prettamente economico, richiesti dal 47% dei torinesi, il più importante per gli abitanti del capoluogo piemontese sarebbe l’istituzione di un asilo nido all’interno dell’azienda per cui lavorano (25%), o comunque l’istituzione/rafforzamento di convenzioni con i nidi (16%). A questi si affiancano i contributi economici per la cura e la formazione dei figli dei dipendenti (23%) e i rimborsi per i costi sostenuti dalla famiglia per le spese scolastiche e di bay-sitting (19%). 

Chiedendo un confronto con il resto d’Europa in tema di politiche a supporto della famiglia e della genitorialità, più di 6 torinesi su 10 (64%), infine, è convinto nell’affermare che quelle italiane siano al di sotto della media degli altri Paesi. 

Influenza negativa sul sistema pensionistico

Guardando alle conseguenze della denatalità, il 41% dei torinesi è certo che questa influirà negativamente sul sistema pensionistico. 

Fra le altre principali conseguenze, nel capoluogo piemontese sono indicate lo spopolamento delle aree urbane (28%), un’influenza negativa sulla crescita del PIL (21%) e sulla gratuità e universalità del Sistema Sanitario Nazionale (21%), oltre a un collegamento con il crollo del mercato immobiliare (18%).

redazione

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