I torinesi sono sempre più indebitati e il lavoro non è più una garanzia per salvarsi, lo dice la ricerca effettuata dalla Fondazione Don Mario Operti. La fondazione dell'Arcidiocesi di Torino si occupa di microcredito e di sostegno sociale dal 2004, dal 2020 ha aperto il fondo So.rri.so per coprire i problemi della pandemia e grazie alla sua esperienza sul campo ha effettuato una ricerca sui lavoratori indebitati, chiamata 'Vite a Debito'.
Da maggio 2023 la ricerca ha interpellato 52 aziende per un totale di 18 mila dipendenti, per indagare la situazione di questi lavoratori. È emerso che in 34 aziende, il 65% del totale, sono pervenute richieste di cessione del quinto o di pignoramento, da parte di 753 dipendenti (pari al 4%). L'analisi è importante per fotografare la situazione dei lavoratori piemontesi che si indebitano, andando a capire chi sono e i motivi dell'indebitamento.
"Abbiamo svolto questa indagine campionaria - ha spiegato alle commissioni 3 e 4 del Consiglio comunale il direttore generale della Fondazione Antonio Sansone - ma riguarda solo la punta dell'iceberg, cioè i lavoratori a tempo indeterminato che possono ricorrere alla cessione del quinto o il pignoramento. Vite a debito serve a mettere il faro puntato sul problema che è più grave di quanto riusciamo a intercettare e risolvere. Gli indebitamenti succedono anche per il tipo di lavoro: per la quantità di orario, per il tipo di contratto o per il salario. Più del 50% ha tra i 41 e i 55 anni, anche perché i giovani hanno condizioni lavorative meno stabili e meno opportunità di accedere al credito, non avendo contratti indeterminati. Ci si indebita per problemi di salute, per dipendenze (non solo la ludopatia), per la mancanza di educazione finanziaria".
L'educazione finanziaria - insieme al microcredito, l'accompagnamento al lavoro e all'abitare - è infatti una delle attività più importanti proposte dalla Fondazione Operti, necessaria per evitare molti dei casi di indebitamento derivanti dalla cattiva gestione economica dei soggetti fragili.