Buongiorno amici e amiche,
come state quest’oggi?
Spero stiate superando incolumi il picco allergico più intenso dell’anno: pronti (anzi, prontissimi) ad addentrarvi nella stagione calda, con le sue infinite giornate e attività.
Altri tre mesi sono trascorsi senza che nemmeno ce ne accorgessimo e, puntuali come la Svizzera, siamo giunti al consueto appuntamento con il format “Oggi parliamo di…” in cui analizziamo le vite di donne straordinarie, ancora troppo poco conosciute dal grande pubblico.
Fiorenza de Bernardi, fiorentina classe 1929: prima pilota di linea in Italia e quarta nel mondo!
Conosciamo meglio questa incredibile professionista, apripista in un settore -il trasporto- in cui la linea di demarcazione che separava le donne da una possibile carriera era talmente spessa da somigliare a un muro.
“Ragazzi, io sono qui e ci rimango”: ecco l’affermazione di Fiorenza ai suoi colleghi, una volta assunta presso la compagnia aerea Aeralpi, a Milano. Ricorda ancora gli sguardi, l’ironia pungente, l’aria pesante sulla sua testa. Lapidaria e onesta come solo lei sa essere (cercate una sua intervista e capirete cosa intendo), si dedica anima e corpo alla passione per il volo, ignorando i mille pregiudizi e riuscendo a conquistare persino il più diffidente tra loro.
Ma prima di addentrarci nella vita adulta di Fiorenza, sbirciamo tra gli album di famiglia, alla ricerca delle sue radici.
Il padre nasce nel 1893 a Venosa, in Basilicata. Appena maggiorenne si arruola volontario nell’esercito durante la Guerra Italo-Turca; tornato in patria e conquistato dai primi voli aerei decide di passare all’Aeronautica Militare e di conseguire prima il brevetto e poi la licenza di pilota, che ottiene nel 1914 e nel 1916. Durante la Prima Guerra Mondiale entra a far parte del Secondo Reggimento Piemonte della Reale Cavalleria e della 75ᵃ squadriglia di caccia. È il primo italiano ad abbattere un aereo nemico nei cieli di Verona, meritandosi la medaglia di bronzo al valore militare. Nel corso della sua vita vince, inoltre, numerose gare internazionali. Muore a Roma nel 1959 per un infarto proprio durante un’esibizione aerea.
La madre di Fiorenza, Maria Vittoria Falorsi, è crocerossina nella Prima Guerra Mondiale, periodo in cui consce Mario. Sposato l’aviatore, lo segue nei suoi vari spostamenti professionali. Poiché vivono vicino all’aeroporto, Maria Vittoria – come ricorda la figlia – impara a riconoscere ogni aereo dal rombo del motore ed è quindi in grado di capire quando il marito sta per atterrare. Nella sua famiglia primeggia anche la figura di nonna Ida, ex-insegnante: nei ricordi della nostra protagonista, recita a memoria tutta la Divina Commedia e porta a termine la stesura di un romanzo, “Cuore dei Ragazzi”: a detta dei nipoti, superiore persino al libro “Cuore” di De Amicis.
All’epoca, non era di certo “normale” permettere alle giovinette di girare per il mondo ed esplorarlo, specialmente se figlie uniche; tuttavia, Fiorenza può godere di questa libertà. Sin dai suoi 15 anni i genitori le concedono opportunità e strumenti per affermare se stessa. Infatti, lei stessa paragonerà più volte il lungo periodo che abbraccia la sua infanzia e adolescenza a una bella favola. Ma proseguiamo a sfogliare le “fotografie”; Fiorenza spesso campeggia con gli amici in montagna o al mare e rimane fuori anche quindici giorni di fila. Grazie a questa incredibile libertà di movimento e pensiero –e agli insegnanti del Liceo francese “Chateaubriand” di Roma– può coltivare il gusto per l’avventura e praticare persino sport estremi. Dopo la guerra (nel 1947), decide insieme a un’amica d’iscriversi alla scuola di roccia di Monte Morra, nel Lazio. Un’esperienza, questa, che fa sorgere in lei la passione sfrenata e primordiale per la scalata. Ecco alcune delle vette conquistate dalla giovane: Monte Bianco, Grandes Jorasses, cime dell’Ortles e Lavaredo, vetta Walker, del Piccolo e Gran Zebrù; affronta anche arrampicate estive e sciate invernali sulla Marmolada e in Val Gardena. Non stupisce scoprire, dunque, che inizialmente sogni di lasciare gli studi per aprire una sorta di paninoteca montana. Una piccola baita sulle Alpi sarebbe stata sufficiente a renderla felice, in pace. Se ne convince.
Fiorenza, però, ignora un fatto: qualcosa sta per cambiarle la vita.
Succede che un giorno, per pura quanto intensa curiosità, chieda a suo padre: “Voliamo insieme?”; nonostante la professione del papà, infatti, Fiorenza non è ancora mai salita a bordo di un aereo. E proprio così -tra le braccia accoglienti del genitore- cominciano i suoi primi voli, dettati dalla voglia di divertirsi e sfociati ben presto nell’amore indissolubile per l’aviazione.
Ovviamente, ad addestrarla è sempre il padre: insegnante incredibile -riferirà in numerose interviste- benché severissimo. Basti pensare che Mario, per formarla al meglio e aiutarla nella gestione dei possibili imprevisti, la obbliga a volare senza l’ausilio di sensori o indicatori (altitudine, velocità, direzione magnetica…); procede coprendone uno alla volta e complicando non poco le manovre di volo della figlia, soprattutto in fase di atterraggio e decollo. Dopo alcuni mesi di addestramento, senza chiedere alcun permesso, Fiorenza decide di provare a volare. Da sola. Per la prima volta. Ed è proprio qui che si innesca e accende il fuoco della sua passione, compagna di vita fedele sino ad oggi. Un volo-chiave, miliare, fondamentale per la carriera da pilota. O meglio, per cominciare a desiderarne una.
Dopo essere decollata con un FL3 nei cieli di Roma, realizza quanto sia splendida la giornata sopra e sotto di lei, le sensazioni indescrivibili provate in aria, la bellezza del falco che volteggia proprio accanto al suo velivolo. Siamo nel 1951 e questo volo in solitaria, vissuto con l’intensità tipica della giovinezza, sancisce l’inizio del suo brillante futuro. Negli anni successivi matura svariate esperienze lavorative, tuttavia non perde mai più di vista l’obiettivo, sino alla frequentazione dei corsi da pilota. Primo fra tutti, il corso per civili di strumentale basico, nella base militare di Alghero (1966). In seguito, lezioni di meteorologia, aeronautica, medicina e volo vero e proprio (con il supporto dei piloti Alitalia). Discipline che Fiorenza assorbe, incorpora, superando egregiamente ogni esame.
Nel 1967 la grande svolta: viene assunta da una compagnia aerea del Nord Italia, la Aeralpi; Fiorenza diventa a tutti gli effetti la prima donna d’Europa ad ottenere il brevetto da pilota e a lavorare per una compagnia aerea. Non di rado a quell’epoca, le donne provenienti da famiglie abbienti o -quantomeno- di larghe vedute sociali, ricevevano un’ottima istruzione. Tuttavia, se e quando terminati gli studi, raramente finivano per intraprendere un’effettiva carriera lavorativa. Istruirsi? Accettabile. Lavorare? Non scherziamo. Per fortuna, non fu questo il caso.
Come anticipato all’inizio dell’articolo, il rapporto con i colleghi non è per nulla semplice. Gli altri piloti (tutti uomini), la guardano con diffidenza e disprezzo. Nonostante ciò, Fiorenza dimostra immediatamente la sua tenacia, la bravura che naturalmente possiede. Ogni singolo giorno, rompe un pezzo di quel muro, vola un centimetro più in alto, traccia il sentiero per le donne che verranno. “Ragazzi, io sono qui e ci rimango”.
Dal momento che Aeralpi inizia ad introdurre voli charter sulle rotte Venezia-Cortina, Cortina-Milano Linate e Cortina-Bolzano, la nostra pilota preferita riesce a perfezionare persino nel volo di montagna -non esattamente una passeggiata di piacere- ottenendo anche questo brevetto specifico. Curiosità: alcuni passeggeri, scoprendo che il pilota sia una donna, chiedono di poter cambiare volo; molti altri, invece, sorpresi dall’andamento perfetto del viaggio, la “prenotano” anche per la tratta di ritorno. 1 a 0 per Fiorenza!
Breve carrellata dei suoi successivi traguardi: nel 1969 viene assunta dalla compagnia aerea Aertirrena 1 e diviene la prima Comandante donna in Italia, nel 1980 è ammessa a un concorso Alitalia per DC8, un grosso quadrimotore interessante dal punto di vista e tecnico e pratico. Purtroppo, però, proprio mentre la sua carriera sta per “decollare” definitivamente, un grave incidente d'auto la costringe alla pensione anticipata. Dal 1985, Fiorenza non solca più i cieli del mondo: confida quanto le manchi e quanto odi essere “trasportata” su un aereo come passeggera. Il brivido del volo è ancora nitido sulla sua pelle.
Credete sia tutto? Giammai!
Facendo tesoro della sua esperienza, nel 1979 fonda l’API -Associazione Pilote Italiane, trasformatasi in ADA -Associazione Donne dell’Aria, della quale fanno parte: paracadutiste, direttrici di aeroporti e qualsiasi donna abbia lavorativamente a che fare con l’ambito dell’aviazione civile o militare. Infine, ricopre la carica di vice-presidente della Federazione Pilote Europee ed è membro delle 99 (un’associazione che riunisce tutte le pilote del mondo) e dell’ISA (Associazione Internazionale delle Pilote di Linea).
Della sua vita privata si sa ben poco (a mio parere, aspetto apprezzabile): incontra suo marito in ambiente aeronautico, successivamente si separa e non mette al mondo figli.
Fiorenza De Bernardi ha compiuto 97 anni ed ha alle spalle 7000 ore di volo e magia.
Non credo servano altre informazioni per riconoscere alla nostra protagonista coraggio e potere ispirativo. Ricapitolando: nasce in una famiglia benestante, particolarmente accondiscendente (per i tempi), sfrutta ogni opportunità e strumento le vengano offerti, si gode la giovinezza e impara a conoscersi e ascoltarsi (forse il suo successo sta tutto qui), prende l’iniziativa con il padre e gli esprime la propria volontà -cristallina. Intraprende un percorso in salita che la porta ad affrontare ogni giorno, per anni, prove di resistenza, sdegno, arroganza. Continua per la sua strada, una strada celeste nel suo caso, finché i fatti sostituiscono le chiacchiere. Un volo alla volta, sempre più in alto.
Che alle donne ancor oggi sia richiesto maggiore impegno, maggiore sopportazione e maggiore sacrificio è un dato reale. Non per eccellere, macché!? Per (r)esistere. Non facciamo l’errore di credere che il problema della parità di genere sul luogo di lavoro sia risolto o “sulla via della guarigione”. Alcuni ambiti stanno dimostrando profonda rinnovazione, certo, tuttavia sono i sintomi invisibili quelli da combattere. Stupirsi che una donna sia altrettanto abile o competente in settori a maggioranza maschile, lasciarsi sfiorare dal dubbio che forse forse quella promozione non sia frutto del merito, considerare le immense responsabilità di una mamma lavoratrice “ostacoli” alla catena di montaggio di cui siamo schiavi. Oppure, molto semplicemente, giudicare una donna coraggiosa, fuori dal coro, sicura di sé e dei suoi talenti.
C’è spazio per tutti, credetemi. Nessuno si senta minacciato dall’energia del prossimo; soprattutto se costruttiva!
La poesia di oggi è affidata a un caro amico e divulgatore, di cui vi lascio qualche informazione.
Andrea Figari nasce a Torino nel 1983. Ha all’attivo quattro raccolte. Nel 2023 idea un
progetto originale, ovvero la realizzazione di pacchetti poetici cartacei; anziché sigarette, contengono poesie. Insomma, nessuna controindicazione! Nel gennaio 2025, inoltre, arricchisce il progetto con le scatole poetiche, pensate per richiamare il formato farmaceutico; piccole “dosi” di salute: altro che aspirina! Infine, gestisce un blog letterario: scheggedipoesia.wordpress.com. Si tratta di una vetrina dedicata alle sue raccolte così come di uno spazio aperto per amiche/i, altri poeti, associazioni e tanto altro.
PROGETTO DI VITA
Ho spesso enormi difficoltà con il mio.
E non so
quante, quanti
ne abbiano davvero uno proprio,
lineare.
E forse il primo passo
è (ri) cominciare ad avere tutela,
a rispettare il "progetto di vita"
di chi ci è accanto.
Sia che lei/lui scelga di attraversare un deserto,
un mare,
un oceano
o già solo il marciapiede.
E forse
dalla "guerra psicologica" reciproca
in cui ci stiamo,
ci stanno immergendo
si può iniziare ad uscirne così.
Perché poi un progetto è qualcosa di prezioso,
richiede carta bianca interiore,
la penna delle emozioni,
e la fatica per rialzarsi dalle cadute.
(tratta da POeLITICA)
Questo verso, in particolare:
“ricominciare ad avere tutela”
Se solo imparassimo a considerare la nostra e le altrui vite patrimoni a cui attingere, esempi di resilienza, trampolini da cui prendere slancio, non sarebbe un mondo infinitamente migliore?
Spoiler: SI’!
Pensateci su.
Alla prossima