io_viaggio_leggero - 02 agosto 2025, 07:00

L'isola di Cipro: una terra divisa da Occidente e Oriente, dove tutto segue ritmi diversi

In questa rubrica troverete interviste a viaggiatori e reportage vissuti in prima persona. Luoghi da scoprire, avventure emozionanti e storie di vita. Se hai un’esperienza da raccontare… scrivi a: ioviaggioleggero@gmail.com

Cipro vive sospesa tra mondi che si osservano ma non si parlano. Tra passato e presente, tra tradizione e festa, tra Europa e Medio Oriente. Forse è proprio questo il suo destino: convivere con i contrasti, senza mai cercare di risolverli. Un’isola divisa, stratificata, che accoglie chi vi approda senza troppe spiegazioni, come se dicesse: prendimi così come sono.

Si atterra a Larnaca, il principale scalo internazionale, dove i cartelli bilingue – greco e inglese – danno il benvenuto insieme al vento salmastro che arriva dal mare. È qui che comincia il viaggio, tra bagagli che scorrono e sguardi già rivolti verso una terra che da oltre sessant’anni si muove tra due identità. A pochi chilometri verso l’interno si incontra Nicosia, l’ultima capitale d’Europa ancora divisa da una linea impercettibile ma reale, fatta di qualche filo spinato e molta memoria. Dal lato sud tutto appare ordinato, riconoscibile: le insegne delle catene internazionali, le piazze curate, i caffè pieni di studenti, il traffico che scorre disciplinato. Un pezzo d’Europa, a tutti gli effetti. La vita procede normalmente, come in qualunque altra città occidentale, lo si nota attraversando a piedi Ledra Street nel cuore del centro storico. Ma alla fine della via, ecco una spirale di lettere scolpite nella pietra che si interrompe, sprofonda nel suolo mentre aste d’acciaio si innalzano verso il cielo: è un monumento alla divisione, ma anche alla possibilità di rialzarsi.

 

Si arriva subito dopo al checkpoint. I controlli sono rapidi, il personale cordiale, ma la sensazione è quella di varcare un confine che non dovrebbe più esistere. Eppure esiste. E divide. Da una parte la Repubblica di Cipro, dall’altra la Repubblica Turca di Cipro del Nord, uno Stato non riconosciuto dalla comunità internazionale, ma che esiste, e resiste, con una propria lingua, una propria moneta, un proprio tempo. Qui cambia tutto: le insegne sono in turco, i prezzi scendono. I negozi si fanno più piccoli, più affollati, più bazar che boutique. I minareti punteggiano il cielo sopra case basse e strade trafficate da taxi e motorini. Le donne velate camminano accanto a ragazzi in t-shirt, in un miscuglio che sa più di Turchia. In questo panorama si staglia la Moschea di Selimiye, un tempo cattedrale gotica dedicata a Santa Sofia dove l’arco gotico convive con i tappeti di preghiera. Il crocifisso ha lasciato spazio alla mezzaluna. Qui il tempo sembra essersi fermato, in un passato remoto segnato da fratture culturali e religiose: tra cristianesimo e islam, tra Occidente e Oriente.

 

Dalla capitale, spingendosi verso nord, la costa settentrionale offre paesaggi semplici, poco turistici, meno patinati. Piccole baie, spiagge tranquille, porti di pescatori, resort oggi modesti che hanno perso “il lustro” ma hanno conservato l’essenziale. Kyrenia (Girne) è il centro principale: un vecchio porto con barche in legno e una fortezza che racconta storie di invasioni lontane, dove si beve tè turco osservando il tramonto. Le pietanze arrivano senza menu, le strade profumano di spezie e carbone. Qui il mare bagna una Cipro che non si riconosce nell’Europa.

 

La strada si allunga tornando verso sud-ovest, oltre la linea verde. La tappa successiva è Paphos, all’estremità occidentale dell’isola. Il Mediterraneo si fa più presente, così come l’atmosfera europea. Le Tombe dei Re si aprono come ferite nella terra rossa: corridoi scavati nella roccia, colonne spezzate, camere d’ombra che raccontano storie di eternità. Non c’è nulla di regale oggi, solo silenzio. Quella storia antica che il sole, alto e un po’ crudele, non riesce a cancellare. I turisti camminano piano, quasi in punta di piedi, come a non voler disturbare. Paphos è anche il luogo della nascita di Afrodite, secondo la leggenda. Una roccia che spunta dal mare, bagnata da onde spumose: Petra tou Romiou. I locali raccontano che chi nuota tre volte attorno a quel masso troverà l’amore eterno. Ma più che amore, qui si trova pace: una quiete fatta di mare trasparente, ulivi, colline accese dal sole.

 

Dall’estremo ovest attraverso tutta la costa fino a est, restando nella parte greco-cipriota dell’isola. E sembra di approdare su un’altra Cipro ancora. Ayia Napa è il volto più commerciale e festaiolo dell’isola. Se Paphos è storia e silenzio, Ayia Napa è presenza e rumore. Spiagge bianche, mare turchese, beach club, musica, cocktail, giovani da ogni angolo d’Europa. Qui il turismo esplode senza timidezza. Non c’è spazio per la memoria, né per il confine. Solo per la giornata che si allunga fino a notte fonda. Il Nissi Bay Beach Bar è il cuore pulsante di questa leggerezza fatta di spritz, lettini allineati, risate che riempiono l’aria. La sera prosegue tra insegne rosa shocking, shot fluorescenti, piatti abbondanti e tavoli affollati. Ayia Napa non si interroga. Vive. È la Cipro che ha scelto di guardare avanti, dove i limiti svaniscono e tutto è mare, svago, libertà di essere.

 

Forse viaggiare a Cipro insegna proprio questo: che le divisioni esistono e non sempre si superano. Si trasformano in geografia quotidiana, in una convivenza forzata dove nessuno ha interesse a confondersi con l’altro. Quest’isola tiene insieme tutto ciò che sembra inconciliabile: Est e Ovest, antico e moderno, silenzio e festa, Europa e Oriente. Non si tratta di scegliere. Né di accettare. Si convive, semplicemente. Ognuno dalla sua parte, guardando oltre il confine, senza il desiderio necessariamente di oltrepassarlo. E mentre il mare continua ogni giorno a bagnare entrambe le coste, senza chiedersi a chi appartengano, impariamo anche noi che certi luoghi non vanno per forza cambiati. Cipro è uno di questi.

Marco Di Masci