Cultura e spettacoli - 27 agosto 2025, 07:10

Artigianalità “made in Torino” per il cinema, Filippo Robino racconta Alps Studios: "Il nostro è un rientro dei cervelli”

La società torinese specializzata in effetti visivi ha curato il "Hijra" della regista Shahad Ameen presente nella sezione Spotlight a Venezia '82

Filippo Robino e Mara Froehlich

Alla 82^ Mostra del Cinema di Venezia ci sarà anche un pezzo di artigianalità torinese con la Alps Studios. La società fondata nel 2019 da Filippo Robino ha infatti curato gli effetti visivi del film “Hijra” della regista irachena Shahad Ameen che sarà presentato nella sezione Venezia Spotlight ’82.

Il team guidato da Robino e dalla head of production Mara Froehlich, ha creato e supervisionato interamente gli effetti visivi del film, con l’obiettivo di renderli completamente naturali ed invisibili. “Hijra” è composto da 150 inquadrature e moltissimi VFX invisibili: tra questi la rimozione di elementi moderni (siccome il film è ambientato negli anni 2000) e l’aggiunta di elementi atmosferici come la neve.

Classe 1987, Filippo Robino è originario di Forno Canavese, dopo essersi laureato e aver lavorato all’estero è tornato a Torino per fondare la sua società che oggi conta 60 dipendenti con un’età media di 25 anni. Come è nato il progetto?
“Alps Studios è nata nel 2019 - spiega l’AD Robino -. Sono stato in giro per il mondo per una decina d’anni in giro per il mondo, da Milano, Londra, Monaco di Baviera, fino all’Australia e alla Nuova Zelanda. Ho lavorato per le migliori aziende al mondo come FX artist su prodotti come gli ultimi film della Marvel e Independence Day 2. Avevo poi deciso di tornare in Italia e fare diciamo un “rientro dei cervelli”. Partendo da quel bagaglio, insieme al mio ex socio, ho creato un’azienda che potesse dare un’alternativa sul territorio”.

Bones & All di Luca Guadagnino, Sempre più bello di Claudio Norza, Persuasion di Carrie Cracknell, sono alcuni tra i titoli del vostro portfolio. Di cosa vi siete occupati nello specifico?
“La nostra è una branca degli effetti visivi digitali, ci occupiamo dei cosiddetti effetti atmosferici come ricreare una cascata, un bicchiere che si riempie di vino, delle esplosioni o anche delle distruzioni. È una nicchia del settore, ma è molto ricercata”.

Come mai avete scelto Torino? È vero che si sta specializzando negli effetti digitali?
“All’epoca no. Con il mio ex socio, avevamo scelto Torino anche perché non c’erano altre realtà che si occupassero di questo settore. È stato una scelta strategica. Conoscendo bene la città, il territorio, le infrastrutture e i costi contenuti, abbiamo pensato fosse un vantaggio. Non c’era concorrenza, la strada era libera per fare reclutamento. Sentivamo fosse un terreno fertile, ma ancora inesplorato. È stata una scommessa, ma abbiamo avuto successo. Nel nostro settore ancora oggi non abbiamo concorrenza a Torino”.

I film che avete curato quest’anno sono andati nei principali festival estivi, come Locarno e Venezia, era la prima volta?
“Personalmente sono stato nominato ai David di Donatello nel 2023, ma sì, diciamo che è stata un’annata molto particolare per noi”.

Come è stato lavorare a Hijra, il film che sarà presente a Venezia ’82? 
“Per Hijra ci siamo occupati del girato, abbiamo dovuto metterlo a posto con gli effetti digitali. Per esempio in alcune scene serviva inserire la neve nel deserto, mentre in alcune scene serviva la stazione dove è presente il relitto del treno che ha fatto deragliare Lawrence d’Arabia. Per noi questa è una collaborazione molto importante, intanto per il tema, quello della situazione delle donne adolescenti in Arabia Saudita, realizzata da una regista donna, e poi per poter iniziare a stringere accordi per future opportunità. A dicembre andrò a Gedda per il Red Sea Film Festival”.

Altri progetti in cantiere?
“Abbiamo in ballo altri due importanti progetti, quello che stiamo cercando di fare è una collaborazione sempre più importante sulla produzione esecutiva. Vogliamo prendere più spazio. In Arabia Saudita si ispirano al cinema italiano degli anni ’60, lo conoscono bene, per quello gli piace lavorare con gli italiani, perché noi arriviamo da quella cultura. Quei film di protesta del dopoguerra fatti da Fellini è quello a cui si ispirano perché è quello che loro stanno facendo adesso”.