“Breve storia del clima in Italia” è il titolo del libro di Luca Mercalli che il climatologo presenterà questa sera al Circolo dei lettori e delle lettrici.
Un salto temporale ripercorrendo le ere climatiche da prima di Annibale e fino al Novecento, qual è il fattore che è cambiato più radicalmente?
“Quello è cambiato, è stata la velocità con cui abbiamo assistito al riscaldamento climatico. È un fattore inedito, sono pochissimi i caldi precedenti, forse solo 7 mila anni fa. Ancora prima delle civiltà. Sappiamo benissimo i motivi di quel periodo caldo che era legato alla conformazione dell’orbita terrestre. Il resto della nostra storia era caratterizzato dal freddo, causato da eruzioni vulcaniche e cali di energia solare. Poi finisce il Novecento, ed ecco che inizia il riscaldamento globale che abbiamo generato noi, questo caldo che viviamo anche adesso a settembre, è una cosa assolutamente anormale. Ho visto scomparire i ghiacciai, osservavo quello sul Gran Paradiso dal 1986 e oggi ci cammino a 50 metri. È una situazione pessima quella dei ghiacciai, stanno battendo in ritirata, in passato erano più grandi. La prova più importante l’abbiamo avuta con la mummia di Merano, ha 5 mila ed è uscita nel 1991 per la prima volta”.
In Piemonte negli ultimi anni i danni più grandi sono stati spesso causati dalle piogge e dalle frane, ma anche estati particolarmente calde, cosa ci dice questo del nostro territorio e che clima dobbiamo aspettarci nella nostra regione nei prossimi anni?
“I danni delle ondate di caldo li misuriamo a colpi di centinaia di morti, nelle grandi città come Torino abbiamo un tasso più alto di morte di anziani durante l’estate. Il 2025 è stata la quinta estate più calda da 270 anni a questa parte. Il problema è che il mondo non sta facendo nulla per evitare il continuo aumento della temperatura. Anzi adesso si sta tornando indietro da quando abbiamo un presidente americano negazionista. Un’intervista come questa negli USA probabilmente non me la farebbero passare, sono stati licenziati migliaia di ricercatori negli istituti. Qui, non siamo arrivati a tanto, ma il problema che invece di occuparsi di clima ci si occupa di altro, ci porta indietro di 30 anni”.
Come potremmo intervenire?
“Seguendo l’accordo di Parigi firmato nel 2015. Lì c’è scritto quello che che ogni Paese dovrebbe fare. Se lo applicassimo potremmo fermare, non correggere, la situazione. Potremmo garantire alle prossime generazioni un ambiente vivibile. Se non lo faremo, non vorrei essere nei panni di mio nipote. Le prossime generazioni si troveranno con un clima terribile. In questo momento dobbiamo essere realisti, se guardo il mondo come oggi, non posso essere ottimista. Andiamo ancora una manciata di anni per fare la prevenzione. Non è ancora tutto perduto, ma non vedo nessun segnale di miglioramento da sei mesi a questa parte, da quando Trump si è insediato alla Casa Bianca. Non vuol dire che si debba provare e per questo ne parleremo sabato”.
Parlando del suo pubblico, come crede che sia cambiata l’attenzione nei confronti del clima? Siamo più attenti?
“Ho visto l’attenzione cambiare in modo fluttuante, sembrava ci fossero dei momenti in cui la questione climatica sembrava essere rilevante. Questo è il momento peggiore, nonostante i dati nuovi, il negazionismo trionfa. La gente ha paura di fare delle rinunce, in nome del clima. La green economy non può che farci stare meglio, al contrario di quella che ci fa costruire carri armati”.
Parlando nella nostra quotidianità, quali sono le azioni che possiamo mettere in pratica?
“Ce ne sono tante. Dalle energie rinnovabili alle riqualificazioni delle nostre case. Dai pannelli solari all’isolamento termico in casa. E poi ancora promuovere l’auto elettrica, usare meno l’aereo, io non volo da più di sette anni. Ci sono molte azioni che possiamo intraprendere pur vivendo in maniera normale”.