Economia e lavoro - 27 settembre 2025, 15:22

Da Torino all'Africa per lo sviluppo agricolo: "Con gli agropoli una rivoluzione verde per dare autosufficienza in tre anni"

Alessandro Arioli, docente universitario ed esperto internazionale di agronomia e ambiente: "Dialoghiamo con la Repubblica democratica del Congo per dare loro un metodo che aiuti i tanti villaggi rurali a crescere e aiutare la popolazione. Dobbiamo riparare i danni dell'agricoltura coloniale"

Alessandro Arioli, docente universitario ed esperto agronomo

Da Torino all'Africa, per la precisione in Repubblica Democratica del Congo, per dare il proprio contributo allo sviluppo di una delle aree con maggiori margini di crescita del pianeta. Questa è la missione avviata nei mesi scorsi da  Alessandro Arioli  - milanese d'origine, ma torinese d'adozione -, grande esperto agronomo e docente universitario di caratura internazionale.

Vanta anche un dottorato di ricerca internazionale in Scienza dell'Ambiente e numerose cattedre e docenze presso atenei di tutto il mondo: dall'Università di Torino a quella del Piemonte orientale, al ruolo di rettore accademico dell’Università del New Hampshire in USA, per continuare con la fondazione e direzione di un dipartimento universitario internazionale autonomo che attualmente opera in quattro continenti. È anche consulente per la FAO e per l’Unione Europea. Ha fondato il network internazionale Decarbonika™, il quale si pone tra il leaders mondiali nella certificazione dei Carbon Credits per le attività di decarbonizzazione. 

Professor Arioli, come si può riassumere la sua missione professionale?
Da sempre mi occupo di sviluppo sostenibile, con un orientamento soprattutto verso l'estero e verso le aree più svantaggiate. Lavoro da trent’anni con decine di Paesi, soprattutto in Africa ed Europa dell’est.

Qualche mese fa, poi, è arrivata l'occasione di collaborare con il Congo RDC
È successo nel mese di luglio: ho trascorso un mese in Repubblica democratica del Congo, in quanto il Governo locale mi ha selezionato ed invitato come esperto per lo studio di quello che per loro rappresenta il più grande progetto di sviluppo rurale mai concepito. Uno sviluppo che si potrebbe definire, con un ossimoro,  "dolcemente aggressivo", in quanto finalizzato a condurre il Paese all'autosufficienza alimentare nell'arco di soli tre anni. È stata l'occasione per portare avanti un mese di consulenza a ministeri e presidenza della Repubblica, iniziando da cinque seminari full time a Kinshasa ai quali hanno partecipato centinaia tra docenti universitari, direttori di divisione di quattro ministeri, ministri, governatori e rappresentanti locali di tutte le associazioni rurali riconosciute, soprattutto femminili. A novembre si terrà proprio a Torino, presso il B.I.T. delle Nazioni Unite,  la  quinta  edizione del Forum Africane Italiane, con la partecipazione massiccia  di associazioni rurali femminili internazionali, le quali hanno un’importanza fondamentale sia a livello economico che sociale. 

Una vera "rivoluzione verde". Ma come si può realizzare?
"E’ stato individuato lo strumento più adatto nella realizzazione di una rete di “agropoli”, attraverso l’“Iniziativa Presidenziale degli Agropoli agro-pastorali”, ovvero 181 strutture di sviluppo del territorio rurale, “tagliate su misura” per lo sviluppo di ciascun singolo areale secondo al propria vocazione agro-ecologica, in grado di lavorare in rete con gli altri poli. Al contrario dei “poli europei”, negli agropoli del Congo RDC non si farà ricerca e sviluppo, ma si accompagneranno gli agricoltori, gli allevatori e la neo-imprenditoria agricola africana soprattutto attraverso la cooperazione locale, e in particolare femminile. Si attiverà al massimo il trasferimento tecnologico e la relativa formazione, attraverso l’insegnamento, soprattutto pratico, in specifiche “fattorie didattiche / pedagogiche” degli agropoli. Fattorie didattiche e pedagogiche gestite insieme agli allevatori e ai coltivatori locali, con compartecipazione anche ai profitti generati. Le 181 sedi formalmente identificate sono diffuse su un territorio vasto otto volte e mezzo l’Italia, per un Paese di circa 120 milioni di abitanti dei quali oltre 80 milioni risiedono in aree rurali. Tanti piccoli villaggi rurali, circa 80.000 in tutto il Paese: “isole di un arcipelago verde”, che vanno rese autosufficienti a partire dall’energia, considerando l’assenza di infrastrutture stradali ed energetiche, ma anche ferroviarie e fluviali. L'obiettivo è formare una sorta di “Arcipelago di sviluppo”, applicando il concetto “glocale” (“pensare globale, agire locale”). Alle autorità e agli esperti del Congo RDC questo metodo e modello di sviluppo “rapido e sostenibile” è piaciuto molto: un successo al di là delle aspettative. Il tutto salvaguardando la vastissima foresta tropicale del Paese, diffusa su circa 155 milioni di ettari di foresta pluviale equatoriale. Cinque volte la superficie dell’intera Italia. Occorre incrementare correttamente codesto sviluppo, “customizzando” le risposte alle esigenze locali (“think global, act local”): unità rurali che nascono ciascuna con le proprie esigenze e caratteristiche, pur con un sistema condiviso, autosufficienti innanzitutto per l’energia prodotta “fuori-rete e a km-zero” esclusivamente utilizzando fonti rinnovabili applicate su mini-, micro- e nano-impianti :  energia eolica, fotovoltaica, foto-eolica combinata, da biodigestione anaerobica e da eco-ossidazione di materiali residuali, produzione di  “carbone green” in sostituzione del carbone tradizionale (cioè eliminando l’abbattimento di alberi attraverso soluzioni innovative). 

Che tipo di accoglienza ha trovato?
"L’accoglienza, in quanto italiano e propositore di idee innovative molto sostenibili, è stata straordinaria: Va considerato che in RDC, da Paese ex coloniale del Belgio, i rapporti con gli Europei francofoni sono sempre più in diminuzione. Mentre è evidente la grande attrattività esercitata dal nostro Paese e dal Made in Italy in generale. È già operante una rete di buoni rapporti, ai quali contribuisce anche una forte presenza del Vaticano, essendoci in Repubblica democratica del Congo una forte diffusione della fede cattolica.

D’altronde, si deve riparare ai danni di un’agricoltura coloniale che, per secoli, è stata finalizzata alla produzione, ’esportazione e commercializzazione di derrate utilizzate pressoché totalmente in Europa: albero della gomma, canna da zucchero, cotone, caffè, the , cacao. Prodotti che gli africani non hanno mai utilizzato massivamente, né come abitudine. Così , dopo il processo di decolonizzazione degli ultimi tre decenni del secolo scorso, le popolazioni delle zone rurali hanno cominciato a utilizzare coltivazioni per sfamarsi (mais; riso; manioca; tuberi amidacei come patata, igname e patata dolce; frutta coltivata, ortaggi), ma spesso improvvisandosi e senza alcuna scuola. Purtroppo il livello dell’agricoltura “professionale diffusa” presenta evidenti criticità, a partire dall’assenza di risorse di genetica locale delle piante coltivate. Vi sono deficit profondi nelle tecniche di coltivazione, di  irrigazione, di utilizzazione impropria di sementi ibride (che vengono ri-moltiplicate malamente), di rotazione agraria, di interazione tra coltivazioni e allevamenti…. Insomma, ci sono le condizioni per portare avanti un “ethic business” ex-novo, tarato sulle nuove tecnologie “del terzo millennio”,  accompagnato da fornitura dei fattori e delle tecniche di produzione (meccanizzazione, genetica, fertilizzazione, irrigazione, agricoltura di precisione, valorizzazione delle biomasse, riuso / riduzione / riciclo dei residui, dei rifiuti e delle materie prime ad uso secondario). Pilotate dalla corretta assistenza tecnica fornita attraverso gli agropoli. Pertanto, un forte valore etico e di sviluppo.

L’Italia è dunque in prima fila per poter accompagnare in un salto tecnologico-ambientale, saldando i conti con decenni di ritardo attraverso  l’avvio di un ciclo di vera e propria Agri-cUltura: sviluppo ragionato, meditato e condotto secondo un approccio concretamente sostenibile ed economicamente redditizio.

Cosa si attende, alla luce di questa esperienza, per il futuro?
Se dopo questa consulenza di un mese seguirà un rapporto più strutturato e prolungato nel medio periodo, ci saranno prospettive interessantissime per tutto il “Sistema Italia”. Ci sarebbero, inoltre,  ricadute positive anche sul fenomeno migratorio, dando la possibilità alle persone svantaggiate di essere aiutate e di contribuire allo sviluppo della propria terra di origine.

Non scordiamoci, per concludere, le traiettorie demografiche del presente e del futuro: l’Africa , soprattutto alla luce della crescita demografica prevista per il continente africano, che è passato da poco più di 110 milioni di abitanti nel 1850 al miliardo e mezzo circa attuale, con proiezione a circa 4,4 miliardi nel 2.100, di raggiungere lo scenario migratorio che ne deriva, e che che riguarda tutto il mondo occidentale, richiede di adottare approcci pragmatici, sinergici e fattivi, al posto di interventi e di politiche tra loro scollegati e spesso inefficaci”. 
 

Alessandro Arioli, docente universitario ed esperto agronomo