Fornire ai restauratori e agli artisti soluzioni più sostenibili per la conservazione delle opere d’arte: è questo l’obiettivo del progetto del Politecnico di Torino “COME-IN! - INnovative COnsolidation MEthodology for fragile paintings: from a tuned analytical protocol to tunable consolidating adhesive kits prototype” finanziato grazie al Fondo Italiano per le Scienze Applicate (FISA), istituito dal Ministero dell’Università e della Ricerca-MUR nel 2022 con l’obiettivo di promuovere la competitività del sistema produttivo nazionale attraverso la valorizzazione della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale.
Responsabile scientifico del progetto è Dafne Cimino, attualmente ricercatrice presso il Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia-DISAT dell’ateneo torinese: specializzata nella caratterizzazione di materiali artistici in opera e nella ricerca sui materiali polimerici impiegati oggi nel restauro delle opere d’arte – riconosciuti per la loro versatilità, relativa resistenza chimica e facilità di lavorazione – la dottoressa Cimino si occuperà, per i prossimi tre anni, di studiare nuove formulazioni consolidanti per dipinti tradizionali (tempera e olio su tela e tavola), con la possibilità di estendere le applicazioni anche su opere contemporanee. Il progetto – finanziato dal MUR con un budget di 1,9 milioni di euro – supporterà il lavoro dei restauratori, proponendo loro soluzioni più sostenibili e sicure dal punto di vista della salute rispetto a quelle attualmente disponibili sul mercato: in questo modo sarà possibile ripristinare le opere d'arte a seguito del deterioramento dovuto al naturale invecchiamento nel tempo o all’inappropriata conservazione, rispettando l’aspetto narrativo dell’opera, la sua materialità e tridimensionalità, e tutelando al contempo l'intenzione estetica dell'artista.
La ricerca si svilupperà in tre fasi: verranno definite, in primo luogo, le caratteristiche che un buon consolidante – ovvero il prodotto che penetra all’interno degli strati pittorici deteriorati e ne aumenta la coesione e, di conseguenza, la resistenza meccanica – deve possedere attraverso il confronto diretto tra le formulazioni maggiormente impiegate oggi dai restauratori; si procederà quindi con lo studio di sistemi pittorici attraverso un’approfondita analisi su opere reali acquistate sul mercato antiquario; infine, verrà realizzato un kit consolidante in forma solida – contenente le sostanze da miscelare e utilizzare sui materiali degradati – corredato da un "ricettario", per un uso personalizzato delle formulazioni in accordo con le esigenze del dipinto e del restauratore.
Allo sviluppo del progetto collaborerà un team di dottorande e dottorandi, e di ricercatori e ricercatrici post-doc, con competenze multidisciplinari, dall’ingegneria e chimica dei materiali alla diagnostica per i beni culturali, sfruttando le materie STEAM allo scopo di analizzare, studiare e monitorare lo stato di conservazione delle opere d’arte. Saranno importanti momenti formativi e di crescita professionale per tutti i componenti del gruppo, anche per la responsabile, che vive con entusiasmo e rispetto la formazione della futura generazione di scienziati e scienziate del patrimonio.
“Il progetto rappresenta una nuova opportunità di studio specifica per il settore della conservazione, che troppo spesso ha adattato alle esigenze delle opere pittoriche prodotti nati per scopi ben diversi – commenta Dafne Cimino – La ricerca potrà contare su competenze interne diverse e anche sulla collaborazione con esperti del settore: dalla sinergia con il Consolidating Adhesive Project, di cui sono membro dal 2012, a possibili futuri scambi con i grandi centri di restauro come il Centro di Conservazione e Restauro la Venaria Reale, con cui ho lavorato in passato, e con la rete museale del territorio. Inoltre, sarà prezioso il contributo del comitato tecnico scientifico già nominato tra cui spiccano nomi di eccellenza come Matteo Rossi Doria, tra i maggiori e riconosciuti restauratori italiani anche a livello internazionale. Affinché il progetto abbia un reale riscontro sul territorio, la mia aspirazione è di restituire alla comunità un’opera minore, ma con forte valenza socio-culturale, attualmente non esposta a seguito di danni dovuti a calamità naturale, impiegando il kit risultante da questi tre anni di ricerca, così da poterle conferire nuovamente integrità materica ed estetica, previo beneplacito della soprintendenza”.