Sono in centinaia i torinesi in piazza per protestare contro l'ordine di espulsione di Mohamed Shahin. Dalle 18 si sono ritrovati di fronte alla prefettura di piazza Castello per chiedere la liberazione dell'imam, oggi detenuto nel CPR di Caltanissetta e in attesa del rimpatrio in Egitto.
Mohamed Shahin ha chiesto l'asilo politico, dopo che gli è stato revocato il permesso di soggiorno. L'Egitto è infatti un regime autoritario che reprime il dissenso interno con torture, incarcerazioni arbitrarie e sparizioni misteriose e Mohamed Shahin si è sempre espresso contro il presidente Al-Sisi.
L'Egitto è sicuro?
L'Egitto, nell'ultimo anno, è stato al centro di un braccio di ferro tra Governo italiano, Tribunali e Unione Europea per la definizione di "paese sicuro", insieme ad altri come Bangladesh e Tunisia. Il contesto era l'accordo tra Italia e Albania per la costruzione dei centri per migranti fuori dal territorio italiano, con il Governo che considerava questi ultimi paesi sicuri dove poter rimpatriare i migranti che non ottenevano il permesso di asilo, mentre alcuni Tribunali italiani li considerava "non sicuri" per tutti i suoi cittadini.
La Corte di Giustizia dell'Unione Europa, infatti, aveva ribadito che per essere "sicuro" un paese deve esserlo per l'intera popolazione: inclusi minoranze etniche o religiose, oppositori politici, omosessuali o altri gruppi che potrebbero essere perseguitati. Ad aprile, però, la Commissione Europea ha proposto una lista di paesi considerati sicuri, per cui i paesi membri possono esaminare le richieste di asilo in maniera accelerata: l'Egitto è ora presente nella lista, ma il dibattito sulla sua sicurezza continua.
"Se Mohammed Shahin finisce in Egitto, sarà la sua condanna - dicono gli organizzatori della mobilitazione - . Non vogliamo un altro Regeni e un altro Patrick Zaki".
"La violenza non gli è mai appartenuta"
Mohammed Shahin è in Italia da 21 anni, ha due figli ed è l'imam della moschea "Omar Ibn Il Khattab" di via Saluzzo, in San Salvario.
Durante una manifestazione del 9 ottobre in piazza Castello aveva descritto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 come "Non violenza, ma resistenza dopo anni di occupazione". Sarebbe bastato questo per il Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi per accusare l'imam di vicinanza a gruppi fondamentalisti, anche se il provvedimento di espulsione non sarebbe collegato a nessuna indagine né a denunce in corso ma solo un provvedimento amministrativo e non penale.
"La violenza mai gli è appartenuta e mai gli apparterrà": lo descrive così chi lo conosce, sottolineando come a Torino l'imam sia tra i protagonisti del dialogo interreligioso della città. Anche numerosi esponenti del mondo cristiano locale, infatti, si sono spesi per la sua liberazione, mandando una lettera al presidente Mattarella e al ministro Piantedosi.
Fiaccole sotto al comune
Da piazza Castello, la mobilitazione si è spostata verso piazza Palazzo di Città, per chiedere - fiaccole in mano - al Comune di esporsi per proteggere il religioso, affiggendo lo striscione "Free Shahin, nessuno sia deportato per il supporto alla Palestina".
Presente in piazza anche la capogruppo di AVS in consiglio regionale e segretaria di Sinistra Italiana Alice Ravinale, che ha dichiarato: "Non è possibile che una persona possa essere ritenuta un pericolo nazionale per aver espresso un'opinione, per quanto non condivisibile. Viene colpito perché musulmano e imam, c'è un tema di islamofobia grosso come una casa".
Intanto, anche in altre città italiane ci sono mobilitazioni a sostegno di Shahin: oltre a Torino questa sera ci sono appuntamenti a Milano, Venezia, Palermo, Caltanissetta e Cagliari, mentre domani ci saranno a Pavia e Bologna. A Torino i presidi proseguiranno anche domani, sempre alle 18 in piazza Castello, e domenica 30, alle ore 15 di fronte al CPR di corso Brunelleschi.