Con un’affluenza straordinaria di 500 partecipanti, si è svolto all’Aula Magna Achille Mario Dogliotti dell’Ospedale Molinette il convegno “Accompagnamento empatico ai morenti nella formazione e nella pratica clinica”, una giornata di studio dedicata alla memoria e all’eredità di Daniela Muggia (1954–2025), tanatologa di riferimento internazionale, ideatrice del metodo Ecel – Empathic Care of the End of Life e Premio Terzani 2008 per l’Umanizzazione della Medicina.
L’evento è stato promosso dall’Università Popolare In Corde Scientia APS (Upics), da Tonglen Odv e dalla Rete Euromediterranea per l’Umanizzazione della Medicina (Humana Medicina), con il patrocinio dell’Aou Città della Salute e della Scienza di Torino e dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Torino. A moderare la giornata, accreditata con due crediti Ecm, il giornalista Daniel Tarozzi e Rossana Becarelli, medico e presidente di Humana Medicina.
Ad aprire il convegno è stata proprio Rossana Becarelli, medico, antropologa e filosofa della scienza, che ha ricordato come la ricerca di Daniela Muggia abbia attraversato discipline, culture e pratiche contemplative, contribuendo a trasformare le Medical Humanities in Italia. Ha sottolineato il ruolo pionieristico della tanatologa nel portare all’interno della formazione sanitaria una nuova concezione dell’accompagnamento alla morte, fondata su empatia, spiritualità laica e rispetto profondo per il morente.
Un ritratto ampio e umano della figura di Daniela Muggia è stato tracciato da Marina Emprin-Gilardini, co-traduttrice di Dharma, che ha illustrato la sua opera come un intreccio di ricerca spirituale, attività editoriale, impegno formativo e dedizione alla cura della sofferenza umana e animale. La relatrice ha ricordato il ruolo fondamentale di Daniela Muggia nella diffusione della tradizione buddhista tibetana in Italia e nella fondazione di realtà associative, Tonglen e Upics, che oggi testimoniano la vitalità del suo insegnamento.
Il contributo di Paola Di Betta, vicepresidente di Tonglen Odv, e di Franco Picotto, entrambi accompagnatori volontari dell’associazione, ha ripercorso l’evoluzione di Tonglen, fondata nel 2001 da Daniela Muggia e oggi presieduta da Giovanna Erra, nata per rispondere al crescente bisogno di un accompagnamento empatico alla fine della vita. Il nome “Tonglen” è stato scelto per il suo significato originario, “dare e ricevere”: un principio che riflette ciò che accade nell’accompagnamento, dove nel dare si riceve. L’accompagnamento empatico porta beneficio non solo alle persone in fase terminale, ma anche a chi offre questo sostegno, favorendo una crescita interiore e una nuova comprensione della propria esistenza. È un processo condivisione e di ascolto, di sé e dell’altro. I relatori hanno ricordato l’importanza del lavoro in équipe e della formazione continua basata sul metodo Ecel, promosso da Upics, ritenuta indispensabile per il benessere e l’armonia di tutti: accompagnati e volontari. Sono stati inoltre illustrati i progetti attivi dell’associazione, tra cui Sos per chi resta, realizzato in collaborazione con Essere-Channel, la cui direzione editoriale è affidata alla giornalista Anna Tamburini Torre; i Dat café, momenti informali di sensibilizzazione sul tema del testamento biologico e i webinar “E se la morte fosse vita”. Strumenti attraverso i quali Tonglen promuove una cultura che riconosce la morte come parte integrante della vita, e non come un tabù da rimuovere.
A illustrare l’impianto teorico e pratico del metodo Ecel è stata Delia Ravetti, presidente dell’Università Popolare In Corde Scientia e docente del corso, che ha spiegato come il percorso integri tanatologia tibetana, neuroscienze e neurocardiologia formando accompagnatori capaci di mantenere uno stato mentale lucido, quieto ed empatico. Delia Ravetti ha evidenziato come la pandemia abbia reso possibile estendere la formazione e gli accompagnamenti anche a distanza, ampliando l’accesso a un metodo che richiede presenza consapevole, ascolto profondo e capacità di accogliere il morente senza proiezioni né giudizi.
Un momento di forte rilevanza clinica e sociale è stato l’intervento di Maria Antonietta Bàlzola, medico psichiatra e docente Ecel che ha illustrato i dati allarmanti diffusi dall’Oms Europa nel rapporto MeND (Mental Health of Nurses and Doctors) dell’ottobre 2025. «L’indagine, condotta su oltre 90.000 operatori sanitari in 29 Paesi, rileva che un medico e un infermiere su tre soffrono di depressione o ansia, e uno su dieci ha riferito pensieri suicidari nelle due settimane precedenti. In Italia, i numeri restano drammatici, con il 28% dei medici e il 32% degli infermieri affetti da sintomi depressivi».
Maria Antonietta Bàlzola ha descritto il burn out come «una malattia dell’anima», riprendendo le definizioni di Christine Maslach, e ha mostrato come il metodo Ecel di Daniela Muggia e le pratiche contemplative basate sulla Compassion possano rappresentare un cambio di paradigma nella protezione psicologica dei professionisti, un approccio che migliora il benessere dell’operatore e del caregiver, l’efficacia della cura e riduce i costi sociali e sanitari. Ha così lanciato un appello a una “rivoluzione culturale” nelle organizzazioni sanitarie, che consideri il benessere dell’operatore parte integrante del percorso clinico.
L’intervento di Paola Vivalda, medico palliativista, ha messo in luce il ruolo fondamentale della comunicazione empatica nelle cure palliative. Richiamando evidenze internazionali, il modello Spikes per la comunicazione delle notizie difficili e le fasi emotive descritte da Elisabeth Kübler-Ross, la relatrice ha mostrato come una comunicazione competente riduca ansia, sofferenza e senso di isolamento del paziente. Un caso clinico discusso durante il convegno ha testimoniato la portata trasformativa di un approccio relazionale consapevole nel percorso alla fine della vita.
La psicologa e antropologa Tania Re ha proposto un dialogo tra tradizioni ancestrali e ricerca contemporanea, presentando un video sul tema delle piante maestre e sugli stati di coscienza alla fine della vita, a partire dal volume curato da Daniela Muggia e dal Corso di perfezionamento “Fine vita: stati di coscienza, antiche tradizioni e nuove terapie” dell’Università di Pisa. La relatrice ha illustrato come neuroscienze, pratiche contemplative e antropologia possano integrarsi in una visione multidisciplinare orientata alla qualità dell’accompagnamento.
Il contributo di Gioacchino Pagliaro, psicologo psicoterapeuta già direttore della Psicologia Ospedaliera nell’ambito del Dipartimento Oncologico Ausl di Bologna, ha approfondito il rapporto tra pratiche meditative e processi quantistici, evidenziando come le nuove frontiere della fisica stiano influenzando modelli psicologici e medici, aprendo a una comprensione ampliata del ruolo della mente nella cura.
L’esperienza di Marie Noelle Urech, formatrice e fondatrice dell’associazione Viriditas, ha intrecciato l’amicizia personale con Daniela Muggia a una riflessione sulle paure culturali legate alla morte, sulle esperienze di Nde (Near Death Experience) e bed vision, e sui bisogni profondi che emergono nel passaggio della soglia. Il suo intervento ha riportato l’attenzione sulla continuità dei saperi tradizionali e sul ruolo dell’accompagnamento per il “dopo”.
L’antropologo Alberto Fragasso ha infine invitato a recuperare la relazione tra sogno, natura e processi di morte, mostrando come nelle società indigene sognare i defunti sia una forma di dialogo con l’“oltre” che restituisce profondità e senso all’esistenza. Una prospettiva che potrebbe aiutare anche l’Occidente a reintegrare la morte nella propria visione del mondo.
Sono stati proiettati anche due contributi video: Anne Givaudan, autrice tradotta da Daniela Muggia, ha ricordato la sua opera editoriale alla guida di Edizioni Amrita; Claudia Rainville, microbiologa e fondatrice della Metamedicina, ha reso omaggio alla sua attività di editrice e ricercatrice.
A chiusura della giornata, il giornalista Daniel Tarozzi ha condiviso un ricordo personale di Daniela Muggia, definendola “amica e maestra di vita”, presenza viva e fondamentale nella sua vita, nonostante la sua scomparsa. Ne sottolinea l’ironia, la determinazione, la capacità di aiutare gli altri e l’impatto profondo sul suo percorso umano e spirituale. Ha raccontato episodi personali e la forza con cui Daniela Muggia ha affrontato la malattia con gratitudine e lucidità. Daniel Tarozzi ha invitato infine a non limitarsi a ricordarla, ma a viverne l’eredità ogni giorno. La giornata del 27 novembre non è stata solo un omaggio, ma un vero rilancio culturale e scientifico, un invito a rimettere al centro della cura la presenza, l’ascolto profondo e la dignità di chi si avvicina alla fine della vita. Un manifesto per un’assistenza integrale, capace di unire competenze cliniche, compassione e consapevolezza.