Cronaca - 02 dicembre 2025, 10:37

Crack Egea: chiesto il rinvio a giudizio per Pierpaolo Carini e altri tre manager della multiservizi albese

False comunicazioni sociali l’ipotesi di reato al centro dell’inchiesta che la Guardia di Finanza di Torino ha condotto sotto il coordinamento della Procura astigiana. L’udienza preliminare fissata per il marzo 2026

Pierpaolo Carini, 61 anni, già presidente e amministratore delegato del gruppo

E’ stata fissata per le 12.30 del 19 marzo 2026, in camera di consiglio presso il palazzo di giustizia di Asti, l’udienza preliminare con la quale il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Asti Elio Sparacino dovrà pronunciarsi in merito alla richiesta di rinvio a giudizio che la Procura della Repubblica astigiana ha presentato nei confronti di Pierpaolo Carini e di altri tre manager ai vertici delle società – la capogruppo Egea Spa, poi Egea Commerciale Srl ed Egea Pt Srl – finite al centro del dissesto della multiservizi con sede ad Alba e radicamento in numerose province del Nord Ovest.

La richiesta di rinvio riguarda quindi il 61enne industriale, che insieme alla famiglia era anche azionista di maggioranza – con una quota prossima al 60% – della società pubblico-privata fondata dal padre e da lui portata alle imponenti dimensioni precedenti al crack. Nel procedimento Carini figura nella sua qualità di presidente del Consiglio di Gestione e consigliere di Egea Spa sino all'11 ottobre 2023, difeso di fiducia dagli avvocati Michele Galasso del foro di Torino e Alessio Lanzi del foro di Milano.

Di fronte al Gup sono poi chiamati a comparire Daniele Bertolotti, 52 anni, residente a Moncalieri (Torino), consigliere di Egea Commerciale Srl negli anni 2018 e 2019, consigliere e amministratore delegato della stessa società dal 2020 al giugno 2022, difeso dall’avvocato Rinaldo Sandri del foro di Asti.

Quindi Valter Bruno, manager 62enne, consigliere di Egea Commerciale negli anni 2017, 2018 e 2019, poi consigliere e amministratore delegato della stessa azienda dal 2020 al giugno 2023, difeso dall’avvocato Nicola Menardo, del foro di Torino.

Infine Giuseppe Zanca, 71 anni, presidente del consiglio di amministrazione e consigliere di Egea Commerciale Srl negli anni dal 2017 al 28 febbraio 2023, difeso dagli avvocati Alberto Mittone e Nicola Marco Gianaria del foro di Torino.

Nel procedimento sono anche coinvolte le tre società, indagate come persone giuridiche. La loro difesa è ora affidata all’avvocato Maurizio Riverditi del foro di Torino.

La richiesta di rinvio a giudizio data allo 20 novembre scorso, mentre risale a febbraio 2025 l’avviso conclusione indagini disposto dalla Procura della Repubblica al termine di una complessa fase di accertamenti condotta dalla procuratrice aggiunta Laura Deodato.

L’ipotesi di indagine, che riguarda gli esercizi compresi tra il 2017 e 2021, è quella di false comunicazioni sociali, al centro dell’inchiesta che il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Torino ha condotto sotto il coordinamento della Procura astigiana per accertare la correttezza dei conti approvati dal gruppo albese, una delle principali realtà del Nord Ovest nel campo dell’energia e dei servizi quali la gestione del cosiddetto ciclo idrico, della raccolta rifiuti e del teleriscaldamento, con volumi attivi superiori al miliardo di euro, oggi controllata da Iren dopo essere stata al centro di una complessa e impegnativa procedura di salvataggio tramite quella che venne definita dai suoi attori quale "la più grande procedura negoziata della crisi mai realizzata in Italia".

Il salvataggio del gruppo, le cui attività sono dall’estate 2024 confluite in una "new co" controllata dal Gruppo Iren mediante un’operazione che ha visto quest’ultimo intervenire con risorse per 110 milioni di euro,  è avvenuto al costo di importanti sacrifici accordati da fornitori, banche e obbligazionisti di un gruppo i cui debiti – è stato sostenuto durante la stessa procedura regolata dal Tribunale di Torino – erano arrivati alla somma "monstre" di 800 milioni di euro.

Tramite il lavoro delle Fiamme Gialle e gli accertamenti compiuti da consulenti quali la società di consulenza PriceWaterhouseCoopers la Procura astigiana ha inteso accertare se il dissesto che ha portato Egea a un passo dal fallimento si è consumato per esclusivo effetto degli scossoni registrati sul mercato dell’energia a partire dall’autunno 2021, cioè dai mesi precedenti l’attacco all’Ucraina da parte della Russia, o se, come sembrerebbe secondo le tesi di indagine, i suoi prodromi fossero in realtà già presenti e ravvisabili in conti che venivano aggiustati mediante sofisticati meccanismi di contabilizzazione di poste quali i ratei attivi: artifici che, sempre secondo l’accusa, potevano valere anche il 10% del fatturato.

Il fine, secondo l’accusa, sarebbe stato ovviamente quello di non fare risultare le difficoltà nelle quali la società avrebbe navigato da ben prima che quella tempesta internazionale dei prezzi arrivasse a renderne insostenibile la gestione, in forza di fondamentali finanziaria e patrimonializzazione per nulla solidi.  Con l’effetto di fare risultare margini e utili che in realtà non esistevano, ma che venivano invece distribuiti agli azionisti. Primo dei quali la famiglia Carini, detentrice di circa il 60% delle quote. E in subordine ai soci privati e al centinaio di enti pubblici che negli anni avevano acquisito il 30% della società (il Comune di Alba risultava quale il primo azionista pubblico con l’8% circa del capitale) e che a salvataggio concluso si sarebbero trovati col valore delle proprie partecipazioni praticamente azzerato. "La corretta rilevazione delle poste contabili avrebbe fatto emergere ingenti perdite in capo ad Egea, nonché l’insorgere di un deficit patrimoniale, già a partire dal 31 dicembre 2017", si legge nelle carte finite in mano agli avvocati con l’avviso di conclusione indagini del marzo scorso.

Argomenti che già nel febbraio scorso le difese degli indagati avevano rimandato al mittente. "Perché Pierpaolo Carini avrebbe dovuto reinvestire la propria quota di utili in un’azienda che sapeva decotta? Eppure lo ha fatto, per ben 3,2 milioni di euro. Questo riprova la sua buona fede rispetto a quanto accaduto", aveva argomentato l’avvocato Michele Galasso nei mesi scorsi, spiegando poi che "siamo di fronte a un errore di conteggi, a partire da un’erronea applicazione del sistema elettronico che operava nella valorizzazione dei prezzi dell’energia".

“Si tratta di contestazioni ad alta complessità tecnica – aveva riferito al termine delle indagini l’avvocato Nicola Menardo, dello studio Weigmann di Torino, che difende invece Valter Bruno -. Il mio assistito è sereno e convinto di avere sempre agito con leale spirito di servizio e nell’interesse degli stakeholder; non è un caso che anche dopo l’avvio delle indagini della Procura di Asti abbia continuato a collaborare col nuovo management per risolvere le criticità finanziarie emerse”.

Ezio Massucco