Tornato ieri in libertà dopo il pronunciamento della Corte d’Appello di Torino, l’imam della moschea di via Saluzzo a Torino Mohamed Shahin ha lasciato il Cpr di Caltanissetta, dove era trattenuto, e ha raggiunto il nord Italia, ma non Torino, e ora si trova in una località riservata dove è stato raggiunto dai familiari.
Lunedì udienza presso il Tar del Lazio
Intanto, lunedì, al Tar del Lazio ci sarà l’udienza per la sospensiva sul ricorso contro l’espulsione che era stata ordinata dal ministero dell’Interno a seguito di alcune frasi pronunciate dall’imam durante una manifestazione pro Palestina nel capoluogo piemontese.
Alla fine di novembre, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha infatti disposto l'espulsione dell'Imam egiziano della moschea Omar Ibn Khattab di via Saluzzo. Secondo il decreto, Shahin ha ''un ruolo di rilievo in ambienti dell'Islam radicale, incompatibile con i principi democratici e con i valori etici che ispirano l'ordinamento italiano'', ed ''è messaggero di un'ideologia fondamentalista e anti-semita'' essendosi anche reso ''responsabile di comportamenti che costituiscono una minaccia concreta attuale e grave per la sicurezza dello Stato''.
Le dichiarazioni dello scorso 9 ottobre
Nel decreto si faceva inoltre riferimento alle dichiarazioni fatte durante la manifestazione pro Pal del 9 ottobre scorso in cui ha ''difeso i terroristi di Hamas legittimando lo sterminio di inermi cittadini israeliani'' il 7 ottobre 2023. Dichiarazioni che, secondo il documento, avevano generato una vasta risonanza mediatica e suscitato indignazione anche tra i meno radicali del movimento pro Pal. A carico dell'uomo inoltre risulta una denuncia per il reato di blocco stradale nel corso di una manifestazione del 17 maggio scorso a Torino.
Il giudice delegato della Corte d’Appello, che ha disposto la cessazione del trattenimento di Mohamed Shahin nel Cpr di Caltanisetta “ha preso atto di ‘elementi nuovi’ sopravvenuti rispetto alla convalida del trattenimento del novembre scorso”. E’ quanto si legge in una nota della presidente reggente della Corte d’Appello, Alessandra Bassi con cui “intende fornire elementi di conoscenza utili a fare chiarezza sulle ragioni della decisione assunta”.
La nota della Corte d'Appello
In particolare, tra gli elementi, nella nota, si segnala “in primo luogo, che gli atti relativi a procedimenti penali a carico dell'Iman posti a sostegno del giudizio di pericolosità e del trattenimento in custodia ‘non risultano essere stati secretati, né in relazione agli stessi sono mai stati posti in essere limiti conoscitivi diversi da quelli ordinariamente previsti’ dalla legge; in secondo luogo, che il procedimento relativo alle frasi proferite dall'Iman alla manifestazione del 9 ottobre 2025, valorizzato nel provvedimento di convalida del trattenimento, è stato ‘immediatamente archiviato’ da parte della Procura di Torino, con la motivazione che le dichiarazioni del trattenuto sono ‘espressione di pensiero che non integra gli estremi di reato’ e, quindi, pienamente lecite”.
E ancora, prosegue la nota, “in terzo luogo, che, quanto alla partecipazione dell'Iman ai fatti relativi al blocco stradale del 17 maggio 2025, ‘dall'esame degli atti emerge una condotta del trattenuto non connotata da alcuna violenza e/o altro fattore peculiare indicativo di una sua concreta e attuale pericolosità, atteso che il medesimo era presente sulla tangenziale assieme ad altre numerose persone’, in quarto luogo, che ‘i contatti con soggetti indagati e condannati per apologia di terrorismo sono isolati e decisamente datati’ e ‘sono stati ampiamente spiegati e giustificati dal trattenuto nel corso della convalida’”.
Infine, si spiega ancora nella nota, “che Shahin è ‘presente in Italia da oltre venti anni, nonché perfettamente integrato e inserito nel tessuto sociale del Paese’ ed ‘è soggetto completamente incensurato’. Il giudice delegato ha, dunque, concluso che ‘non vi sono ulteriori concreti elementi di fatto’ ‘per formulare un eventuale giudizio di pericolosità’ tali da giustificare il trattenimento”, ha concluso Bassi.