"Non dobbiamo nasconderci che questo tipo di trasformazione potrà finire per distruggere alcune tipologie di posti di lavoro. Ma è altrettanto evidente che se non sapremo cogliere queste innovazioni il rischio è che a venir distrutte siano intere categorie di aziende. Dovremo lavorare molto sulla formazione proprio per adattare le capacità dei lavoratori a questi nuovi orizzonti produttivi".
Non ci gira intorno, l'assessore regionale alle Attività produttive Giuseppina De Santis, intervenendo al convegno (l'ennesimo, a dire la verità) sulla cosiddetta Industria 4.0, ovvero il mondo produttivo evoluto secondo le nuove tecnologie digitali e di automazione.
A organizzarlo, questa mattina, è l'Unione Industriale di Torino, insieme a DIHP, Digital Innovation hub Piemonte. Un'occasione per fare il punto su come cambieranno i modelli produttivi, ma anche di business. Con effetti anche sull'occupazione. "Ma deve cambiare anche il modello di formazione, visto che la gente deve imparare cose nuove mentre sta lavorando - aggiunge Paola Pisano, assessore comunale all'innovazione -, ma ci saranno anche cambi organizzativi. Non solo nuova tecnologia, ma nuovi processi e dunque nuove figure professionali".
D'altra parte, il futuro è già attualità. Come spinge a considerare il Piano nazionale legato proprio all'Industria 4.0. Il cosiddetto "Piano Calenda". Uno strumento che ha indubbiamente stimolato gli investimenti, a livello nazionale così come a livello locale. A fare un bilancio di quanto successo fin qui è Andrea Bianchi, direttore Area Politiche industriali di Confindustria: "Nel corso degli ultimi anni abbiamo spesso trascurato la vocazione manifatturiera del Paese e Industria 4.0 rappresenta una sfida di modernizzazione del comparto. Torino, che ha ospitato le varie fasi di sviluppo della manifattura, è ora chiamata a governare la quarta rivoluzione industriale. Questo grazie sia alla sua vocazione che alla presenza di grandi centri innovativi. E proprio Torino ospita il progetto pilota con il Digital Innovation hub".
"Come in tutte le rivoluzioni, però, ci saranno vincitori e sconfitti. Perché il sistema dovrà necessariamente rimodellarsi", ribadisce Bianchi. "E nessuno da solo ce la può fare. Serve uno sforzo collettivo di collaborazione tra i protagonisti del sistema industriale: aziende, associazioni di categoria e istituzioni".
Primo obiettivo messo nel mirino dal Piano Calenda è stato il rinnovamento dei macchinari, che in Italia avevano un tasso di "anzianità" notevole e pericoloso per la competitività. "Abbiamo voluto agire per agevolare l'acquisto di strumenti, anche per le piccole imprese, per far capire che non è una rivoluzione che riguarda solo Google o Amazon. Ma il corpo che fa massa critica del nostro settore produttivo. Magari in filiera e con più di un committente finale".
"In questo, possiamo dire che l'iper ammortamento ha funzionato, dando innovazione, ma stimolando anche il comparto di produttori di macchinari. Ecco perché la proroga è stata approvata fino a consegna per tutto il 2019".