E poe...sia! - 07 novembre 2020, 06:12

I versi in tempo di Covid

La Poesia può e vuole occuparsi della Realtà o resta ancorata al mondo emozionale come un cane sull’osso?

Credit: Antonio Corona

Buon inizio settimana, cari amici.

E grazie per la fiducia, se state leggendo; cercherò di meritarla.

Lo scorso articolo si è occupato di un tema così vasto e sconosciuto da affascinare l’uomo sin dalla preistoria (probabilmente). Non ve ne ricordate? Peggio, non l’avete ancora letto? Non disperate! Potrete trovarlo facilmente scorrendo la rubrica.

Tornando a oggi, come sempre, ho meditato sul da farsi e sul da scriversi.

Che ogni mio intervento vi lasci un pizzico in più di curiosità: sì, desidero questo.

La Poesia ci regala momenti di pace, quiete, intimità. Siamo tutti d’accordo, presumo.

Ma una simile dimensione, così eterea, immateriale, come si adatta invece alla vita di tutti i giorni, terrena, alla sua immediatezza, alla sua violenza? È davvero possibile vederle camminare “a braccetto”, l’una nei panni dell’altra? Soprattutto in tempi come questi, in cui tutti sentiamo il peso dell’incertezza e le questioni “quotidiane” vincono buona parte della nostra attenzione?!

In poche, pochissime parole, la Poesia può e vuole occuparsi della Realtà o resta ancorata al mondo emozionale come un cane sull’osso?

A questo non risponderò. O meglio, lascerò come sempre a Voi lettori l’ardua sentenza, la critica, la riflessione.

Vi propongo, se permettete, una mia lirica ispirata proprio dal periodo sconvolgente in cui viviamo.

Contestualizzo brevemente: maggio, un semaforo rosso, la sosta obbligata, Corso Massimo d’Azeglio, pensieri che vagano sopra Torino.

 

CAMBIO DI ROTTA

Tutto è immobile.

Soffia il vento. C’è il vento e posso vederlo.

Pioggia di polline sul vetro.

È adorabile, giallo chiaro.

Lo soffia il vento sul vetro.

Una scena pura.

La sola che ci è data godere.

Finalmente;

ha la nostra attenzione.

Gemme.

Tronchi snelli conquistano i muri di cinta della prigione.

Esplode il verde brillante. Fitto.

Guardo al vetro.

Chiudo gli occhi per poco. E vedo.

Semaforo rosso.

L’attesa non pesa.

Realizzo che sto bene, in quel silenzio.

Che sto bene nel vento.

Che ho tempo,

per i tronchi, per il silenzio, per le gemme verdi.

Qualche uccellino canta.

Mi allieta al punto che mi commuovo.

No,

niente è immobile.

“Chiudo gli occhi per poco. E vedo”

Vi è mai capitato?

Pensateci su.

Alla prossima!

Johanna Poetessa