Attualità - 23 luglio 2021, 08:30

Lontani da scuola, ma affamati di conoscenza: così i ragazzi di Asai si sono presi per mano fuori dai banchi

Gli educatori: "Dovremmo imparare a stare maggiormente con l'altro, a parlarci, a confrontarci. Questa richiesta arriva dai giovani, che guardano al mondo adulto e, talvolta, se ne sentono soffocare"

I giovani di Asai si raccontano agli educatori nel centro di via Pinerolo

Nuovo capitolo del racconto dell'associazione interculturale Asai sul rapporto con gli adolescenti in tempi di pandemia. Si torna a parlare di scuola, di quella socialità tra compagni di classe venuta meno causa Dad. Lo spiega bene Samuele Bartali, educatore, che ricorda l'attività svolta in un pomeriggio di maggi con una ventina di adolescenti, nel cortile del centro di via Pinerolo. 

"Li abbiamo lasciati liberi di parlare, di esprimersi, di interrogarsi e di porre domande, per creare un confronto fra diversi vissuti, visioni, pensieri. E ci siamo goduti la sorpresa quando, mettendoci da parte, abbiamo lasciato loro il palcoscenico. C'è voluto qualche istante per abituarsi ai riflettori, ma poi han preso in mano il libro della loro vita e si sono raccontati, senza timore, prendendosi quegli spazi di cui sentono sovente il bisogno, ma che troppo di rado vengono loro concessi".

"Molti di loro vedono nella scuola un mezzo per fare nuove conoscenze, per stringere amicizie, nella speranza che alcune di queste continuino ad esserci anche dopo la conclusione di questo percorso. Legami che si sono rivelati fondamentali, soprattutto in questi ultimi due anni scolastici: gruppi di ragazzi e ragazze, amici e amiche, si sono sostenuti vicendevolmente e hanno fatto da collante per stringere i denti e proseguire su questa strada sempre più irta. Anche dopo la riapertura, per quanto parziale, questo sentimento si è trasformato in un'ulteriore spinta per uscire di casa e tornare in classe, ritrovando finalmente quelle facce a cui si erano abituati, e delle quali avevano sentito un'insospettabile mancanza".

"Continuando a parlare dell'argomento, gli adolescenti si sono mostrati sensibili anche all'ambiente subito esterno alla scuola. Entrando poco prima dell'inizio delle lezioni ed uscendo subito dopo il loro termine, la presenza di un luogo di ritrovo – magari un parco – vicino alla struttura gioca un ruolo fondamentale nello svolgersi della giornata. In questi luoghi è possibile approfondire la conoscenza di chi non si trova nella stessa classe, senza la fretta dettata dalla breve ricreazione e  liberi dall'ombra della formalità dettata dalle mura dell'istituto".

"Ma la scuola non è formata solo da ragazzi e ragazze. È ora di voltare pagina e lasciar tornare dietro le quinte gli amici e i compagni di classe, accogliendo sulla scena i professori. Sull'argomento ci vengono raccontate opinioni molto contrastanti, rendendo più difficile un'omogeneità di questi vissuti, per quanto questa non fosse totale neppure per quanto concerne i rapporti tra pari".

"Dalle parole che abbiamo ascoltato, gli insegnanti sono stati divisi in due grandi squadre: nella squadra rossa – prendendo in esempio il calcio balilla – vi sono quelli che entrano in aula, si siedono, si nascondono dietro al libro e al suono della campanella prendono congedo dall'aula, preoccupandosi del programma da seguire piuttosto che della comprensione degli studenti; nella squadra blu troviamo quelli che riescono a parlare con i più giovani, a guardarli negli occhi, a preoccuparsi di cosa non è stato compreso ed a tornare sugli argomenti in caso di necessità, ad affrontare discorsi anche al di fuori del programma da seguire".

"Ci confidano che i rapporti con i professori sono di precipua importanza, e qualcuno azzarda finanche un accostamento ai propri genitori, date le ore passate quotidianamente in loro compagnia. Anche per questo non nascondono una grande tristezza mista a preoccupazione, quando parlano della squadra rossa, della lontananza percepita, del non sapere come potervisi avvicinare".

"Prima di far tornare dietro le quinte anche gli insegnanti, chiamiamo sul palco anche gli altri adulti. Gli altri giovani. Gli altri. Tutti. Noi compresi. Parliamo dei voti presi a scuola".

"Prendere un bel voto ti fa stare bene, anche quando esci da scuola e torni a casa, o esci con i tuoi amici. Ti senti realizzato, o realizzata, consapevole di aver fatto il tuo dovere, di aver raggiunto l'obiettivo. Sorridere è facile. Prendere un brutto voto, invece, è tutt'altra storia. Anche quando esci da quelle quattro mura ti senti pesante. C'è chi non riesce a parlare per giorni, chi si arrabbia, chi si sente inutile. L'autostima vacilla".

"È normale giudicare o essere giudicati. Ci sono anche quelli belli, ma i giudizi spesso fanno stare male. Soprattutto fa star male, a scuola, quando i professori non ti capiscono e non misurano alcune parole nei tuoi confronti, dinanzi al resto della classe. Dovremmo imparare a stare maggiormente con l'altro, a parlarci, a confrontarci. Questa richiesta arriva dai giovani, che guardano al mondo adulto e, talvolta, se ne sentono soffocare. Così come loro imparano osservandoci, impariamo da loro ascoltandoli".

"Per l'ultimo atto, usciamo nuovamente tutti di scena, lasciandoci soltanto loro, gli adolescenti, con qualche ultima parola per noi spettatori. Sono anche pieni di consigli, di curiosità, di aspettative. Hanno fame di conoscenza. A scuola, oltre alle solite materie, vorrebbero imparare altro. Che venisse loro spiegato qualcosa in più su ciò che si troveranno ad affrontare una volta divenuti adulti. Vorrebbero mettere in pratica gli insegnamenti, senza doversi sempre fermare alla teoria. E vorrebbero capire meglio l'utilità di alcune materie, perché non la mettono in dubbio, ma spesso restano orfani di risposte. Avrebbero piacere a lavorare di più in gruppo, per valorizzare se stessi e gli altri, occupandosi di inclusione e parità. Insieme sono convinti di poter arrivare ancora più in alto, di poter comprendere ancora meglio, di poter imparare ancora più cose. In fondo non chiedono molto, nonostante siano carichi di così tante responsabilità per il domani".

"Si prendono per mano e ringraziano con un inchino. Le luci si spengono, il sipario si chiude. Facciamo in modo che questa non sia l'ultima replica dello spettacolo".