Cultura e spettacoli - 28 luglio 2021, 19:10

Il grande freddo di Niedermayr per l'estate di CAMERA. E in Project Room la rivincita della fotografia italiana fuggita all'estero

Il paesaggista bolzanese espone "Transformations" fino al 17 ottobre. Il torinese Clavarino presenta la mostra "Emergency Exit", fino al 26 settembre

La nuova mostra "Transformations" di Walter Niedermayr a CAMERA

Una distesa di bianco ghiaccio e toni freddi accoglierà da domani il visitatore di CAMERA lungo il principale percorso di visita, che vede protagonista il bolzanese Walter Niedermayr con la personale Transformations. Fino al 17 ottobre, l'allestimento, curato dal direttore Walter Guadagnini, con la collaborazione di Claudio Composti e Giangavino Pazzola, propone un focus sugli ultimi vent'anni di attività, approfondendo, come evoca il titolo, il tema dei cambiamenti dello spazio.

Nello stesso periodo, ma solo fino al 26 settembre, la Project Room ospiterà Emergency Exit del torinese Federico Clavarino. Il fotografo torinese, ma da anni basato all'estero, attraverso la rilettura e ri-significazione di venticinque scatti tra i più recenti, prende in esame i temi ricorrenti della sua ricerca artistica, per verificare le modalità di formazione delle identità contemporanee.

Le "trasformazioni" paesaggistiche di Niedermayr 

"Uno dei principi essenziali sui quali si basa la fotografia di Niedermayr – specifica Guadagnini – è proprio quello del mutamento. Le sue fotografie si fondano, infatti, sulle mutazioni che il paesaggio alpino ha subito e continua a subire e trovano la loro ragion d’essere e la loro identità proprio in questo elemento, nella presenza di qualcuno o qualcosa che ha cambiato, e continua a cambiare, l’elemento naturale".

Ricorrono i paesaggi alpini, specie quelli delle cime altoatesine, nella Val di Fiemme, le architetture e il rapporto fra lo spazio pubblico e lo spazio privato, evidenziando l’interesse dell’autore per l’indagine sociale, unita a quella geografica. Sebbene in continuità con l’eredità della tradizione fotografica italiana, la ricerca visiva di Niedermayr si distingue per la capacità di rileggere il paesaggismo e rinnovarlo.

Lo spazio fisico, per il fotografo, non può essere approcciato con un’esclusiva intenzione documentaria, ma appare come perno di una relazione trasformativa tra ecologia, architettura e società.

In alcuni lavori della serie Alpine Landschaften (Paesaggi Alpini), ad esempio, la presenza dell’uomo nella raffigurazione di paesaggio è interpretata come un parametro di misurazione dei panorami, e al tempo stesso come metro politico del suo intervento sugli equilibri naturali. 

Con una cinquantina di opere di grande formato, spesso presentate nella formula del dittico e del trittico e caratterizzate da tonalità poco contrastate e neutre, la mostra racchiude una simultaneità di attività umane e non, che coesistono e trovano un equilibrio instabile in costate mutamento, come evidenzia la serie Raumfolgen. 

"Abbiamo modificato anche stavolta le nostre sale in virtù dell'allestimento - spiega ancora Guadagnini -. CAMERA ha ancora una volta cambiato volto, adattandosi a quanto le immagini volevano comunicare, andando a fondo". 

Aprono la mostra due dittici inediti realizzati da Neidermayr nel cantiere di Palazzo Turinetti a Torino, che diventerà la quarta sede delle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo (socio fondatore e partner istituzionale di CAMERA) in piazza San Carlo. 

Uscite di sicurezza 

Curato da Giangavino Pazzola, il percorso espositivo di Emergency Exit include immagini provenienti da tre serie di lavori ideati da Clavarino dall’inizio della sua carriera sino ad oggi.

Nelle opere appartenenti a Italia o Italia (2010-2014), realizzate dopo il trasferimento in Spagna, Clavarino riguarda al territorio di origine con uno sguardo rinnovato, esplorando il paesaggio italiano come un luogo del passato. Con i lavori di The Castle (2011-2016), si interroga invece sul significato di Europa come identità politica individuale e collettiva, immortalandone in bianco e nero quei simboli che generano identificazione, stereotipi e tensioni. L’esito di tale percorso è un invito a interrogarsi sull’importanza del patrimonio culturale condiviso come elemento centrale per dare forma a un clima che accomuna cose, persone, città.

Il frammento e il dettaglio quasi irrilevante caratterizzano anche i lavori della serie Eel Soup (2016-2020), dove parti di corpi e di luoghi si dispiegano e si avvolgono, si flettono e si toccano in maniera armoniosa per l’occhio del fotografo, ma rischiano di essere trascurabili o invisibili all’attenzione del mondo. Con questo progetto, mostrando il contatto tra organico e inorganico esaltato anche dal dialogo delle fotografie con le sculture realizzare insieme all’artista Tami Izko (Cochabamba, 1984), Clavarino mette in luce la debolezza delle relazioni contemporanee e la necessità di costruire realtà accoglienti fatta di vicinanza, coesistenza e condivisione. 

Completano il percorso espositivo dei lavori inediti che fanno parte delle ultime ricerche di Clavarino sulla relazione tra l’immagine e lo spazio della scena, in cui semplici gesti come quelle del parlare o del leggere vengono immortalati su fondale neutro, amplificandone così il valore di finzione.  

Manuela Marascio