Politica - 12 novembre 2021, 17:33

Il presidente del Consiglio di Stato a Torino: “Durante la pandemia la giustizia ha retto”

La relazione di Filippo Patroni Griffi dinanzi al presidente Mattarella: “L’imparzialità del giudice richiede terzietà e indipendenza”

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella al teatro Carignano di Torino

Durante la pandemia la giustizia amministrativa ha retto la responsabilità con tempestività ed equilibrio. Questo vuol dire saper stare al passo con le trasformazioni del potere, seguendole ma mai consentendo l’arbitrio o anche il semplice esercizio non corretto del potere”. Lo ha detto il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, a Torino per l’incontro dal titolo “Dai 190 anni dell’editto di Racconigi ai 50 anni della legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali”, organizzato alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Se il giudice segue le trasformazioni e l’incremento dei poteri pubblici - ha spiegato Patroni Griffi - la pandemia ha rappresentato un banco di prova impegnativo in particolare sotto un duplice profilo: perché i poteri “invasivi” richiesti dalle misure di emergenza hanno imposto al giudice tempi immediati nelle decisioni e un accorto uso della tecnica del bilanciamento; perché i conflitti tra i diversi livelli di governo hanno richiesto un richiamo ai princìpi della sussidiarietà e della leale collaborazione nella soluzione delle controversie tra autorità centrale e autorità locali”.

Sul ruolo del giudice, il presidente del Consiglio di Stato ha osservato: “L’imparzialità richiede un processo di neutralizzazione delle proprie convinzioni, di distacco dalle proprie esperienze. Impone un uso sobrio e moderato dei social media. Richiede, insomma, terzietà e indipendenza sostanziale. L’autonomia dei giudici è un dovere che il legislatore deve preservare nella cornice costituzionale ma anche indipendenza interna, che costituisce un valore non disponibile e che sta all’organo di autogoverno assicurare”.

Infine, una riflessione sull’associazionismo in magistratura. “La magistratura e i singoli magistrati meritano di essere governati dall’organo di governo autonomo, non dalle associazioni di categoria. Personalmente credo che sia giunto il momento di rimeditare la realtà dell’autogoverno, non certo per questionarne la valenza costituzionale, ma semmai per porre rimedio a evidenti degenerazioni del suo funzionamento e per ricondurlo a una logica istituzionale che lo sottragga a quella sindacale e corporativa. Di ciò il legislatore penso che dovrebbe farsi carico, anche per la nostra magistratura. L’associazionismo in magistratura è un fenomeno storicamente positivo, ma non può condurre alla sindacalizzazione di ogni aspetto della vita del magistrato, dalle carriere agli incarichi, esterni e interni alla giurisdizione, ai profili disciplinari. Va insomma evitato un associazionismo autoreferenziale verso l’esterno declinato nella rivendicazione del proprio valore per il solo fatto che si “è”, e, all’interno, fondato su logiche meramente distributive che prescindono dal merito delle persone e delle questioni. Dall’associazionismo all’autogoverno il passo è breve, fin troppo per la verità. Il nostro Consiglio di presidenza ha, anche rispetto ad altre magistrature, una composizione fortemente rappresentativa su base elettiva. Può essere una peculiarità positiva, ma vanno evitate le possibili degenerazioni, quali l’assunzione di decisioni fondate sulla logica dell’appartenenza e su rapporti meramente personali”.

Patroni Griffi ha concluso spiegando che “il governo autonomo della magistratura è una prerogativa di noi magistrati che deve assicurare il fine istituzionale per cui la Costituzione lo contempla: garantire l’indipendenza interna ed esterna della magistratura nel suo complesso e del singolo magistrato. Guai a servirsene per finalità meramente sindacali sganciate da ogni logica istituzionale: il governo autonomo della magistratura non può trasformarsi in governo corporativo della magistratura. La rappresentatività non può essere messa in discussione, ma nemmeno può operare come un grimaldello per scardinare il profondo senso istituzionale, e non sindacale, della funzione di governo autonomo della magistratura”.