Luci e ombre per il mondo del commercio torinese a fine 2022, ma con dati non così negativi. Lo dice l'analisi congiunturale di Ascom Torino e provincia, con l'ultimo quadrimestre che regala un'immagine di insieme non drammatica. Ma che disegna un profilo di un settore che sta cambiando radicalmente: nei gusti, nei comportamenti della gente e nei modi di pagare (con un boom del digitale).
Calano le attività, ma cresce la fiducia
Le cifre raccontano di una diminuzione delle imprese nuove nate e di un aumento delle cessazioni. Una tendenza che è trasversale in tutta Italia e nelle grandi metropoli. Ma potrebbe anche non essere un male, piuttosto un efficientamento del comparto.
Tanto che migliora il clima di fiducia: si passa da 23 punti a 42, per l'indice che fa la sintesi tra ottimisti e pessimisti, andando anche meglio della media italiana. Stesso movimento per la fiducia al destino della propria attività: dal 41 al 47 con tendenza a crescere anche in questo inizio di 2023. "Chiudiamo un anno che era apparso estremamente difficoltoso, ma il dato che emerge è di tenuta delle imprese. Ne dimostra la forza, nonostante il Covid, la Guerra, il costo dell'energia e l'inflazione", dice Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino e provincia. "Merito anche del turismo, ma soprattutto di una voglia di resistere che è ammirevole - prosegue -. C'è stata anche una spinta a modificare gusti e comportamenti: una ritrovata voglia di socialità che ha spinto soprattutto i settori del food e dei viaggi. Ma ci sono anche settori che continuano a segnare il passo, su tutti i beni durevoli e l'abbigliamento. Segno che sono cambiati i valori di riferimento. Ma il cambio dei gusti dei consumatori è anche legato alla sostenibilità e principi di rispetto dell'ambiente".
Migliorano le attese sui ricavi, ma anche quelle sull'occupazione. Ma il tasto dolente è la crescita dei prezzi da parte dei fornitori, in parte assorbite dagli stessi esercizi commerciali. Aumentano anche le aziende che chiedono credito alle banche, anche se è aumentata anche la rigidità da parte degli istituti.
Tra deserto e voglia di investire
Insomma, le difficoltà non mancano: "La desertificazione si può vedere anche nelle nostre strade, ma le previsioni di un 2022 molto in difficoltà sono state in parte ridimensionate. C'è chi ha voglia di investire, anche se le banche sono molto attente a concedere finanziamenti", dice Coppa. Infatti la richiesta di risorse per migliorare l'attività arriva al 22%.
Giovani e rigenerazione urbana
I giovani sembrano però meno attenti a questo tipo di fare impresa. Una tendenza che non è scollegata dal calo delle nuove aperture, ma che conferma anche una maggiore competenza e sensibilità verso i canali alternativi e il commercio online. "Sono preparati sulle nuove tecnologie, ma hanno meno elementi nella gestione di un'attività commerciale. Su questo aspetto dobbiamo continuare a investire e a fornire strumenti, mentre per la riqualificazione urbana abbiamo bisogno del sostegno e della collaborazione delle istituzioni".
"Chiediamo aiuto, a parte i distretti del commercio, per la riqualificazione del tessuto commerciale, ma anche per una cultura di acquisto consapevole, tra negozio fisico e online".
Cambia il modo di fare acquisti (e si paga in digitale)
Di recente, però, si stanno modificando anche i comportamenti della clientela. Secondo i dati di Ascom, è aumentata la frequentazione di bar e ristorazione fuori casa, mentre è diminuita la frequenza di acquisto.
Oltre un commerciante su due parla di cambiamenti importanti nelle abitudini, soprattutto nella percezione dei pubblici esercizi. Ma se in bar e ristoranti solo il 14% parla di diminuzione, mentre il 15,3 parla di aumento, per il commercio al dettaglio il calo riguarda oltre un terzo dei negozi (34,8%) mentre l'aumento è solo del 4,8.
In questo contesto, è boom di pagamenti digitali: si arriva all'81% dei casi. E tra le richieste più frequenti ci sono lasciti della pandemia come la consegna a domicilio (38,4%) o uso di app (25%) e di social network (20,7%).