I corsivi di Virginia - 25 novembre 2025, 09:35

Light Generation

La luce che forma il futuro

Torino è una città che conosce la luce. Non solo quella che illumina piazze e palazzi, ma quella che nasce nei laboratori, negli studi di architettura, nelle aziende storiche che hanno fatto del design una firma e un’identità. In questo contesto, già naturalmente fertile, cresce Light Generation, un contest che ha il sapore delle iniziative destinate a durare: perché parte dal territorio, si rivolge ai giovani e costruisce un ponte credibile e concreto fra scuola e mondo professionale.

La storia comincia al Liceo Artistico Passoni, una delle culle creative di Torino. Serve materiale illuminotecnico per i progetti interni degli studenti. Una necessità quotidiana, pratica. Ma qualche volta, quando le idee e le persone giuste si incontrano, anche le richieste più ordinarie diventano occasioni per costruire qualcosa di molto più grande. È ciò che accade quando la scuola si rivolge a Esperienza in Luce, il punto di riferimento torinese per tutto ciò che riguarda la luce come cultura, oltre che come tecnologia. L’azienda non si limita a rispondere con la fornitura di materiali: apre le porte, le competenze, gli spazi. Soprattutto, apre una visione.

Nasce così Light Generation, un nome che non è uno slogan, ma una promessa.

Negli spazi di Esperienza in Luce, gli studenti si organizzano in team e cominciano a lavorare come farebbe un piccolo studio di design. Devono pensare, discutere, progettare, trovare soluzioni. Devono soprattutto confrontarsi con un’idea fondamentale: la luce non è un oggetto, è un linguaggio.

Progetti diversi, ma uniti da una caratteristica comune: tutti nascono da una ricerca che integra estetica, funzionalità e rispetto delle logiche tecniche del settore. A giudicarli sarà una giuria di architetti torinesi di grande rilievo: Balance Architettura, Officina 8A, Alessio Primavera, Fulvio Fantolino, Gianluca Bocchetta di Velvet Studio. Professionisti abituati a valutare progetti veri, concreti, costruiti per essere realizzati.

È una responsabilità grande per gli studenti, ma è anche il valore aggiunto che rende Light Generation diverso da qualunque progetto scolastico.

Accanto a Esperienza in Luce c’è ILTI Luce, storica azienda torinese dell’illuminazione, che mette a disposizione conoscenze e competenze industriali. Per molti dei ragazzi, sarà la prima volta in una fabbrica dove le idee diventano prodotti: dove una lampada non è più una presentazione, ma un oggetto reale. La visita negli stabilimenti sarà uno dei premi del contest, insieme alla consulenza “Vederci Chiaro”, del valore di 500 euro per ogni membro del team vincitore, dedicata alla progettazione illuminotecnica della loro casa. Un regalo prezioso, ma soprattutto un modo per dire: la conoscenza va condivisa. E dentro quella visione si inserisce Patrizia Caridi, PR ed event specialist del settore architetturale ed edile, una professionista conosciuta per la sua capacità di connettere mondi e persone, creare relazioni, trasformare idee in progetti. È lei che riesce a vedere oltre l’urgenza scolastica e a proporre sia al Liceo Passoni che ad Esperienza in Luce di sostenere un percorso formativo modellato sulle dinamiche del lavoro: un contest che insegni agli studenti non solo a progettare una lampada, ma a ragionare, presentare, collaborare, confrontarsi con aziende e architetti. Insomma: un assaggio vero della professione.

Patrizia, Light Generation nasce da una richiesta molto semplice. Quando hai capito che poteva diventare un progetto più grande?
«L’ho capito subito. Il Liceo Passoni è una scuola che forma talenti veri, ragazzi curiosi e pronti a mettersi in gioco. Quando ho saputo della richiesta di materiale illuminotecnico, mi è venuto naturale pensare a qualcosa di più ampio. Conosco bene il valore di Esperienza in Luce e la loro attitudine alla divulgazione: era il contesto ideale per costruire un percorso. Ho visto una possibilità concreta di dare ai giovani un primo incontro “reale” con il design. Le occasioni nascono così: da bisogni semplici, trasformati grazie alla collaborazione.»

Il tuo lavoro ruota attorno alla creazione di relazioni nel settore architetturale. Quanto contano le reti professionali in un progetto come questo?
«Contano tutto. La rete professionale non è mai solo una somma di contatti: è fiducia, è conoscenza, è credibilità. Quando ho proposto l’idea, gli architetti coinvolti hanno risposto con entusiasmo, perché sanno che dietro c’è un progetto serio e un intento comune: valorizzare il territorio e sostenere i giovani. Le aziende che partecipano non lo fanno per visibilità, ma perché credono davvero nella responsabilità educativa del settore. E la risposta degli studenti ripaga ogni sforzo.»

Se dovessi raccontare Light Generation a un genitore o a un ragazzo che non ne ha mai sentito parlare, cosa diresti?

«Direi che è un’occasione rara. Non è un concorso scolastico, è un’esperienza che ti mette davanti a come funziona davvero il mondo del design e del lavoro. Si lavora in gruppo, si sbaglia, si aggiusta, si presenta, si discute con architetti veri. È un modo per capire se questa strada fa per te. Per molti studenti, sarà la prima volta in cui vedono il proprio lavoro osservato e valutato come accadrà nella vita professionale. È un passaggio importante, un ponte che mancava.»



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Virginia Sanchesi