Attualità - 20 settembre 2016, 18:54

La legge contro gli sprechi è poco nota ai commercianti torinesi

Obiettivo dell'iniziativa il recupero e la donazione a fini di solidarietà sociale.

La legge contro gli sprechi è poco nota ai commercianti torinesi

Il mercoledì della scorsa settimana è stata approvata in via definitiva la legge contro gli sprechi alimentari.

Il decreto, che ha trovato discreta risonanza su giornali e televisioni e ha incontrato il plauso delle istituzioni e fondazioni quali Banco Alimentare, è passato invece piuttosto in sordina tra i commercianti torinesi.

Torino Oggi è andato tra le botteghe alimentari e i supermercati della zona Santa Rita di Torino, per capire quanto effettivamente i diretti interessati conoscano la legge e abbiano deciso di aderirvi.

Mosa ha un mini market di generi alimentari sia freschi che inscatolati, alla domanda se è a conoscenza della legge, risponde sorpreso che non ne sa nulla.

“A fine giornata, se un prodotto ortofrutticolo è rovinato lo butto, così faccio con i prodotti appena scaduti.”

La stessa sorpresa la ritrovo sul volto della proprietaria del panificio all’angolo di Via Barletta: “non sapevo di questo decreto. Io avevo fatto questa cosa indipendentemente tramite la chiesa di Santa Rita ma questa legge è sicuramente un’ottima cosa. Ma come funziona? Vengono loro a prendere la merce che voglio destinare alle persone bisognose?”

Il problema di questa legge sembra essere proprio questo: scarseggia di istruzioni pratiche.

Con i suoi 18 articoli, la legge si pone l’obiettivo di ridurre sprechi alimentari e farmaceutici, promuovendone il recupero e la donazione a fini di solidarietà sociale. L’idea di fondo è che le eccedenze alimentari (alimenti invenduti) e alimenti recuperati (prodotti alimentari scartati perché non ‘esteticamente’ attraenti o perché vicini alla data di scadenza) non sono da buttare ma possono essere dati a chi ne ha bisogno (nel caso in cui siano ancora idonei al consumo) o destinati ad animali e compostaggio (se non più consoni al consumo).

La legge prevede inoltre dei benefici fiscali per chi dà, a titolo gratuito, prodotti alimentari ad indigenti, autorizzando i Comuni ad applicare una riduzione della TARI, proporzionata alla quantità data. Un modo questo dunque per invogliare produttori, negozianti e ristoratori ad aderire a questa buona pratica.

Per quanto riguarda i soggetti che possono ritirare e distribuire le eccedenze, il testo legge affida l’incarico a ONLUS ed enti privati non-profit.

Ed è qui che sorge il quesito legittimo di molti commercianti e il problema di questa legge: “a chi bisogna chiedere se si vogliono dare le proprie eccedenze alimentari? C’è una lista di enti da contattare a proposito?”

Sul sito del comune di Torino mancano istruzioni in merito e indicazioni su chi contattare per avere informazioni.

L’Associazione Consumatori Piemonte (ACU) si dice “non informata a proposito e che cercherà di capire meglio cosa bisogna fare.”

Per ora, le iniziative contro gli sprechi – di pochi-  rimangono a titolo personale o figlie di accordi passati, come nel caso della catena di supermercati Pam, che da anni – nell’area di Torino – manda prodotti prossimi alla scadenza o danneggiati al Banco Alimentare Piemonte.

Di fronte a questa scarsità di informazioni, la proprietaria di un ortofrutta in una traversa di Corso Sebastopoli commenta con un: “Come si aspettano che rispettiamo una legge e aderiamo ad una cosa importante come questa, se noi commercianti e diretti interessati, ne siamo poco informati e non ci vengono dati gli strumenti per applicarla?”

‘Se chi ben comincia è a metà dell’opera’, in questa situazione l’inizio sembra ben lontano ma la legge è stata appena approvata e, si spera, che presto queste lacune verranno colmate.

 

Giulia Maccagli

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