Attualità - 27 settembre 2016, 09:10

Il problema italiano? La cultura finanziaria

Dall’ultima ricerca presentata dalla Consob, si mostra come l’investitore nostrano non abbia una cultura finanziaria sufficiente, la propensione al rischio è scarsa se non nulla come anche la propensione ad adottare le innovazioni. Ma non basta, perché inoltre abbiamo una scarsa comprensione del processo decisionale

Il problema italiano? La cultura finanziaria

Nonostante la crisi e i continui scandali in ambito politico, gli italiani mostrano un rinnovato interesse per i mercati finanziari, anche se rimangono orientati verso i prodotti liquidi. Gli italiani storcono il naso soprattutto per quanto riguarda il dover pagare servizi di consulenza ai professionisti, per cui spesso ci si affida agli amici, i parenti e i colleghi per i consigli di Borsa. E anche una volta che il servizio viene pagato rimane una forte difficoltà nella valutazione del servizio ricevuto e una bassa consapevolezza dell’importanza dello scambio informativo con il consulente.

La ricerca presentata dalla Consob è stata condotta dalla Multifinanziaria Retail Market insieme con Osservatorio su 'L'approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane‘ (GfK Eurisko). Il campione è stato di circa 2.500 famiglie, mentre l'osservatorio ha coinvolto mille famiglie. Il decisore finanziario all'interno del nucleo familiare è di solito il percettore di reddito più elevato in famiglia (o l’uomo più anziano quando nessuno lavora, o la donna più anziana quando non ci sono uomini in famiglia) di età compresa fra 18 e 74 anni, escludendo i soggetti che lavorato nel settore finanziario (bancario, assicurativo e della consulenza finanziaria). Molto importante sotto questa ottica è il discorso del Gender Gap o disparità salariale, infatti una italiana in media guadagna 0,47 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo.

Aumentare la presenza delle donne nei luoghi di lavoro è importante, ma non basta se non porta anche a nuove politiche di conciliazione e a un modo nuovo di lavorare – da cui possono trarre beneficio tutti, anche gli uomini. Altrimenti quelle stesse donne rimarranno ai livelli più bassi o saranno costrette alla scelta penosa tra carriera o famiglia. Più del 20% degli intervistati dichiara di non avere nessuna familiarità con alcuno strumento finanziario e la stragrande maggioranza degli intervistati non comprende il concetto di tassi di interesse negativi, né conosce fenomeni innovativi quali la consulenza automatizzata (robo advice) e il crowdfunding.

Interessanti anche i dati forniti dal portale specializzato Eotrading

·         80% dei traders abbandona nei primi 2 anni.

·         Di tutti i traders, quasi il 40% investe per solo un mese. Entro i tre anni, solo il 13% continua. Dopo 5 anni, solo il 7% resta. I traders con uno storico di 10 anni di investimenti negativi continuano ad investire. Questo suggerisce che si continua perché non si è in grado di riconoscere le proprie abilità.

·         I trader che lavorano con profitto sono una piccola porzione di tutti i traders – 1.6% come media nel corso degli anni. Tuttavia, questi traders sono davvero molto attivi- sono responsabili del 12% dell’intera attività di investimento.

 Il più delle volte le decisioni sugli investimenti non sono basate su ricerche effettuate o su metodi di investimento consolidati, ma sulle emozioni, il bisogno di adrenalina e sulla speranza di fare milioni. Quello che i traders dimenticano è che il trading è una professione e che richiede capacità che si possono sviluppare solo con gli anni. Detto ciò, sii consapevole delle tue decisioni sugli investimenti e sulla visione che hai sul trading. Non aspettarti di diventare milionario per la fine dell’anno, ma tieni sempre bene a mente le possibilità che il trading on line offre.

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