È stato il primo acquisto annunciato dall’Allmag PMS Moncalieri nel corso dell’estate, con l’obiettivo di assicurare fisicità e punti alla squadra di Lorenzo Pansa. Riccardo Coviello è un giocatore sul quale la PMS ha puntato moltissimo e il campo sta dando ragione alla società di Moncalieri. Il romano, classe 1988, è tra i grandi protagonisti di questa clamorosa cavalcata che ha condotto la PMS in vetta alla classifica a pari merito con la favoritissima Omegna. Ha grande esperienza e con lui abbiamo affrontato diversi argomenti nell’intervista che segue.
Ciao Riccardo, alla vigilia della stagione ti saresti mai aspettato di trovarti in vetta alla classifica a questo punto del campionato?
«In estate ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti che dovevamo fare un campionato importante, non facendo soffrire ancora la PMS per raggiungere la salvezza, come accaduto nello scorso torneo. Dopo alcune partite abbiamo capito che potevamo fare molto bene e abbiamo lavorato moltissimo, curando i minimi particolari grazie al coach che è molto bravo. Il campo sta premiando i sacrifici e il lavoro che facciamo in ogni allenamento. La cosa bella di quando le cose vanno bene è che vincere aiuta a vincere, così ora riusciamo a portare a casa punti anche quando non giochiamo benissimo».
Nel prossimo turno siete attesi da una difficile trasferta in casa della Fiorentina?
«Si tratta di una partita molto ostica, perché di fronte ci troveremo una squadra con giocatori di alto livello, arrabbiati dal momento che vengono da tre sconfitte consecutive. Inoltre la Fiorentina ha anche cambiato allenatore e questo renderà il match ancora più duro, perché ci aspettiamo una reazione da parte della squadra. Noi però andiamo lì per giocarcela come facciamo sempre».
L’obiettivo di non soffrire per salvarsi l’avete praticamente raggiunto. Ve ne siete posti un altro?
«In effetti se non le perdiamo tutte l’obiettivo di inizio anno l’abbiamo ottenuto (ride ndr). Comunque il nostro obiettivo ce lo poniamo partita dopo partita. Ci aspetta un ciclo difficile, nel quale affronteremo anche Omegna, che è in testa insieme a noi ed è probabilmente la squadra da battere per coloro che ambiscono alla promozione. Inoltre visto che siamo al primo posto della classifica, ogni avversario giocherà contro di noi più agguerrito per fare il grande risultato. Noi dovremo essere bravi a guardare partita per partita, senza distrarci e sottovalutare nessuno. Se per esempio tra due settimane dovessimo affrontare Empoli pensando già alla successiva partita contro Omegna, finirebbe poi che le perderemmo entrambe. Ecco dobbiamo essere bravi a non sprecare quanto abbiamo fatto fin qui, perché abbiamo ottenuto dei risultati meritatissimi».
Sei romano e nella tua città, come a Torino, tutto è fagocitato dal calcio. Come mai ti sei appassionato al basket?
«Ti dico la verità, quando ero piccolo anch’io giocavo a calcio. I miei amici mi mettevano sempre in porta perché ero alto e con le mani sicuramente ero molto più bravo che con i piedi, anche perché porto 48 di scarpe. Poi mi hanno portato a provare il basket e me ne sono innamorato immediatamente, un vero colpo di fulmine. Lo faccio da quando ho sette anni ormai e sono riuscito per fortuna anche a farlo diventare il mio lavoro, per il momento. Ho girato parecchio dal nord al sud, sono undici anni che giro, ho fatto tante esperienze in Serie A2 e in B. Proprio per questo ci tengo a sottolineare una cosa: raramente ho trovato nella mia carriera un gruppo come quello che abbiamo quest’anno alla PMS. Abbiamo il giusto mix di giovani e giocatori più esperti, non c’è alcun top player o presunto male, nessun giocatore privo di umiltà, ma soltanto gente che vuole esaltare i pregi dei compagni e aiutarli quando sono in difficoltà. Tra noi è un piacere passarsi la palla, siamo molto uniti».
Chi era il tuo idolo da bambino?
«Posso fare un solo nome: Michael Jordan. Sono cresciuto nell’epoca in cui dominava, ho visto tutte le finali e quella fantastica partita contro Utah ogni tanto ancora la guardo su youtube. Come un bambino appassionato di calcio gioca sognando un giorno di diventare Messi o Ronaldo, per noi appassionati di basket era lui l’esempio, il sogno. Ecco, un personaggio del genere in Italia può essere Gallinari, con il quale ho anche giocato da giovane e posso dire che oggi domina in NBA come allora dominava tra i giovani».
C'era un giocatore che apprezzavi particolarmente anche nel basket italiano?
«Si, era Carlton Myers. Ricordo quelle splendide sfide tra lui e Danilovic, quei derby tra le bolognesi che tutti aspettavano. C’era tanta tensione che arrivarono quasi alle mani. Ho avuto la fortuna di veder giocare Myers quando vestiva la maglia della Virtus Roma, in una squadra che arrivò fino alla semifinale scudetto. C’erano anche Parker e Santiago, una formazione fortissima».
Hai pensato a cosa farai una volta terminata la tua carriera?
«Questa è una nota dolente, perché spesso i miei genitori si arrabbiano per questo motivo, vorrebbero che mi rimettessi a studiare e mi stanno un po’ pressando perché segua anche un percorso secondario, alternativo al basket. Hanno ragione perché in questo sport o arrivi ad altissimi livelli oppure devi fare anche altro. Per ora mi dedico completamente al basket e al mio cane, ma seguirò il consiglio della mia famiglia».
C’è un momento della tua carriera che ricordi con particolare piacere?
«Sicuramente l’anno in cui, pur giocando poco, ottenni la promozione dalla Leguadue alla Serie A1 con Brindisi. Avevo la fortuna di avere in squadra giocatori come Radulovic e Maresca. Quando giochi con questa gente impari moltissimo, vedi la loro professionalità, la cura che hanno del loro corpo. Un’esperienza fantastica. Ricordo con molto piacere anche il mio primo anno lontano da Roma, a Casale Monferrato, quando capii che il basket poteva essere il mio lavoro. Lì nelle giovanili c’era Lorenzo Pansa. Comunque ora spero di vivere degli altri momenti importanti in carriera, magari già quest’anno. Ma per scaramanzia non diciamo nulla».