L’Italia è ancora una Repubblica democratica fondata sul lavoro? È un quesito di non poco conto, a 70 anni dal lavoro della Costituente, al quale l’ISMEL, Istituto per la memoria e la cultura del lavoro, dell’impresa e dei diritti sociali, ha cercato di dare risposta in un convegno che si è svolto oggi presso il Polo del ‘900. Ne hanno discusso Giovanni Ferrero e Mauro Zangola, rispettivamente Presidente e direttore dell’ISMEL e il prof. Pietro Terna, Presidente del Collegio Carlo Alberto.
Il convegno è stato introdotto da Giovanni Ferrero che ha ripercorso l’interessante dibattito che si svolse nell’Assemblea Costituente. Nel suo intervento, Ferrero ha spiegato come si è giunti alla formulazione dell’Articolo 1 partendo dal significato attribuito al lavoro e al ruolo dei lavoratori. Secondo Ferrero la situazione attuale è molto diversa dagli intendimenti dei costituenti.
La formula “Repubblica fondata sul lavoro” proposta da Fanfani all’Art. 1 è stata votata da Togliatti perché “si riferisce a un fatto di ordine sociale, e quindi è la più profonda” rispetto a quella proposta da La Malfa “Repubblica fondata sui diritti di libertà e sui diritti del lavoro”.
Dal dibattito della Costituente è emersa l’idea forte che i lavoratori sono un gruppo composito, ma unito dal fatto di concorrere al benessere della società. Il lavoro è considerata una forza che genera e sostiene i sistemi sociali. I lavoratori costituiscono la tutela della democrazia contro il ritorno a regimi autoritari.
Il lavoro è concepito come attività dell’uomo, forte è la continuità del ruolo dello stato nell’economia ed evidente che, di fronte al titanico compito della ricostruzione del Paese, l’orizzonte del lavoro sia largamente coincidente con i confini patrii. Facendo propria una frase di Ruini, Presidente della Commissione, Ferrero sottolinea come la capacità di costruire il futuro, di cambiare il mondo, ha illuminato di nuova luce i diritti di libertà e ha reso la Costituzione più complessa di quelle che si potevano scrivere nel secolo precedente.
Una prima risposta al quesito posto dal convegno è stata fornita da Mauro Zangola che, con un ampio supporto di dati, ha messo in evidenza alcuni fra i principali cambiamenti intervenuti nel mondo del lavoro dal varo della Costituzione ad oggi. Sono emersi fenomeni che nel corso degli anni hanno contribuito a modificare le fonti dell’occupazione e ad innalzare la qualità del lavoro dando, ad esempio, il giusto riconoscimento all’impiego femminile accanto ad altri, più recenti, che contribuiscono a rendere meno dignitoso il lavoro, a cominciare dall’esplosione della disoccupazione giovanile, e da fenomeni relativamente nuovi come quello dei NEET. L’analisi ha riguardato Torino e il Piemonte, nella convinzione che il nostro territorio possa rappresentare un valido indicatore di quanto è successo negli ultimi 70 anni.
Riportiamo i dati più significativi:
1. A Torino, tra il 1951 e il 2011, il tasso di occupazione femminile è cresciuto di circa un terzo, il divario rispetto al tasso di occupazione maschile si è ridotto nell’arco dei 60 anni di 34 punti percentuali, anche a causa della drastica riduzione del tasso di attività maschile;
2. Sempre a Torino nel 1951, la principale fonte di occupazione era l’industria che forniva il 59% degli addetti; oggi è il terziario che occupa il 75% degli addetti. La manifattura contribuisce per poco meno di un quarto, garantendo comunque a Torino una presenza industriale in linea e in alcuni casi superiore a quella di altre aree sviluppate del centro nord.
3. Il problema della disoccupazione giovanile si è aggravato negli ultimi 5 anni. Oggi, in Piemonte, è pari al 36%; nell’ultimo quarto di secolo non ha mai raggiunto valori superiori al 25%. Le difficoltà dei giovani a inserirsi nel mondo del lavoro è dovuta anche allo scarso ricambio occupazionale fra le generazioni. Nel 2011 il rapporto tra i lavoratori con più di 45 anni e gli occupati di 15-29 anni è pari a 36,1; quarant’anni prima era 90,6.
4. Secondo le ultime rilevazioni i giovani piemontesi transitati, per ragioni diverse, nella situazione di NEET sono 118.000; tra i giovani con età compresa fra i 18 e i 29 anni la percentuale dei NEET è salita al 24%.
Nel suo intervento Pietro Terna ha parlato del futuro del lavoro, introducendo il tema della sostituzione delle persone da parte dei robot, nella produzione sia di merci, sia di servizi. Secondo Terna, sino ad ora ciò è avvenuto solo in compiti molto ripetitivi. Con le macchine intelligenti, la prospettiva è di forte accelerazione del cambiamento, sullo sfondo di una profonda rivoluzione sociale. La scienza deve essere consapevole che non si potrà continuare a lungo a eludere il problema, cercando di sopire le tensioni solo con rimedi ispirati al welfare o al reddito di cittadinanza.
È necessario, prosegue Terna, creare basi nuove per regolare la partecipazione di ciascuno alla vita collettiva, avendo ben presente che la maggior parte del lavoro spetterà a macchine e computer. E non sarà semplice decidere chi dovrà impartire loro gli ordini. Contemporaneamente si deve affrontare l’emergenza a breve termine, data dalla gravissima disoccupazione dei giovani. Una grande opportunità, secondo Terna, deriva dalla necessità di ripopolare la Pubblica Amministrazione di giovani, con una operazione di finanza straordinaria che avrebbe effetti benefici sulla società e sul funzionamento della macchina pubblica.