Eventi - 05 luglio 2017, 10:04

Il “figlio del Cervino” da zero a ottomila metri: a Torino, Hervé Barmasse si racconta al Museo Nazionale della Montagna

L'alpinista è stato ospitato all'interno dei festival Borgate dal Vivo e Lo Spettacolo della Montagna, per presentare il suo libro La montagna dentro. Una serata autobiografica, che ha radunato al Monte dei Cappuccini centinaia di persone

Il “figlio del Cervino” da zero a ottomila metri: a Torino, Hervé Barmasse si racconta al Museo Nazionale della Montagna

Li ha accolti con un gran sorriso al termine della salita al Monte dei Cappuccini, e li ha portati ancora più in alto, tenendoli per mano: in uno splendido scenario alpino e crepuscolare, ospitati ai piedi del Museo Nazionale della Montagna, i quasi 600 partecipanti hanno scalato con Hervé Barmasse una montagna emotiva di rara intensità, toccando vette inimmaginabili.

Un evento inserito all'interno di Borgate dal Vivo, il primo grande festival dei borghi alpini di Piemonte e Liguria, giunto alla sua seconda edizione, che ha dedicato al suo fitto programma di eventi un'unica tappa torinese, in collaborazione con la rassegna teatrale Lo Spettacolo della Montagna, promossa da Onda Teatro in diversi comuni montani.

Un'occasione per conoscere da vicino il grande erede dell'alpinismo nostrano, figlio d'arte, talento naturale, ma anche sportivo capace di vivere, con la montagna, un rapporto amoroso del tutto peculiare, intimo e al contempo viscerale, estremo.

La montagna, e la vita di Barmasse, da zero a ottomila metri. Dagli abissi ai cieli paradisiaci, verrebbe da pensare, ma senza creare un'antitesi tra ciò che è bene e ciò che è male, tra le esperienze negative e i più alti picchi di positività. Anzi, quanto viene raccontato nel libro La montagna dentro (Laterza, 2015) diventa metafora universale di quella incessante e impervia scalata che è la vita stessa, fatta di tanti momenti a bassissima quota da cui è possibile trarre un nuovo slancio per ripartire e arrivare in alto. E Barmasse, appena tornata da una spedizione sul tetto del mondo, di cadute ne ha viste eccome, ma la forza e la grinta che fuoriescono dalla sua eccellente vena oratoria sono una prova chiara di come la montagna sappia plasmare, temprare e solidificare la mente e il corpo di chi la vive. Perché l'alpinismo è un lavoro in gran parte di testa, oltre che di allenamento fisico. 

“Per molti alpinisti l'altezza sembra essere la giustificazione della bellezza di una montagna, e della nostra bravura nello scalarla. Ma c'è molto altro, dietro”. Per Barmasse, in particolare, c'è la voglia di risollevarsi dopo un grave incidente che, ancora ragazzino, gli preclude del tutto il proseguimento di una carriera da sciatore. C'è la razionalità che non cede mai il posto ai più avventati istinti potenzialmente pericolosi per la sopravvivenza. C'è l'umiltà autoironica di chi vede ancora davanti a sé tante vie da aprire, senza sentirsi mai arrivato del tutto.

Il “figlio del Cervino”, com'è stato simpaticamente battezzato fin dalla nascita, in Valtournenche, nel '77, ha compiuto imprese straordinarie in Pakistan e in Patagonia, senza mai dimenticare il legame profondo con le montagne nostrane, dal Monte Bianco al Monte Rosa. Ha annusato l'odore dell'invalidità, affrontando ogni impedimento con sempre nuovi stratagemmi, sperimentando un diverso allenamento, fisico e psicologico, e spingendo ancora un passo oltre la propria audacia. Vedendo anche perire molti cari amici, ma senza mai mettere in discussione la propria passione per la montagna.

Tutto questo, passando, a fasi alterne, da zero a ottomila: una storia in divenire, che avrà ancora tanti capitoli da scrivere, e che, in una calda sera d'estate, ha tenuto incollate alla sedia tante generazioni differenti. “Hervé è capace di trovare l'avventura sulle Alpi, e non solo in Himalaya o in Patagonia. Tempo fa ho detto che ci sarebbero mancati giovani che fanno cultura dell'alpinismo, ma oggi dico no, per fortuna ci sono ancora”. Sono le parole d'elogio del grande Reinhold Messner. E non si può che condividerle, ringraziando Barmasse per questa scalata condivisa, sul tetto del mondo e nel cuore di tutti.

Manuela Marascio

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