A inizio mese, nel preludio dell’autunno caldo studentesco e universitario piemontese, si teneva l’assemblea del Politecnico, in cui professori e collettivi raccontavano dell’adesione allo sciopero, e si dicevano direttamente, cosa sarebbe successo e cosa si aspettavano gli uni dagli altri. In poche parole: tutti e due i soggetti concordavano sulla protesta, garantivano in un caso e richiedevano dall’altro garanzie per gli studenti. Il patto sembrava fatto. Ma oggi, a due settimane di distanza, inizia a traballare. Già, perché gli studenti di Run Polito, collettivo dell’ambito dei Giovani Democratici, punta il dito contro i professori, rei di non avere rispettato le promesse.
“Oggi, pur continuando a trovare legittime e positive le richieste avanzate dal movimento – premettono da Run Polito - non riusciamo a tollerare i metodi con cui questa mobilitazione è nata ed è stata portata avanti: nel giro di due settimane il baricentro della protesta è stato spostato verso gli studenti, ma ciò è avvenuto in modo passivo e privo di reale partecipazione”.
“Lo sciopero ha danneggiato esclusivamente gli studenti – è l’accusa del collettivo - e non è stato possibile porre basi solide allo sviluppo di questo progetto; si è scaduti infatti in una prova di forza fra professori e studenti, quando invece un movimento combinato dovrebbe reggersi sulla reciproca fiducia e parità fra le parti”.
Quindi, lo strappo: “Non intendiamo essere strumentalizzati per tutelare l'interesse di chi per primo, quando gli è stato utile, ha calpestato il nostro e ci chiediamo se per ottenere qualcosa si debba sempre passare dalla pelle degli studenti”.