Folk si trova in via Reggio 14, nello storico quartiere di Regio Parco oltre la Dora, ed è aperto da questa primavera. Oltre a essere un negozio di abbigliamento vintage-second hand è anche uno spazio espositivo dedicato all'arte visiva.
Dopo la personale del collagista francese Bill Noir, la terza esposizione ha come data il 13 ottobre e vede come protagonista attraverso una mostra fotografica proprio la città di Torino, nei suoi controversi e favolosi anni ’80.
L’installazione visiva è il frutto del lavoro di Bruno Panebarco, autore del libro “Fedeli alla roba” da cui prende il nome la mostra. Sono scatti di vita, senza alcun filtro concettuale o ideologico. Le fotografie ci narrano l’epopea hippy di una generazione attraverso gli occhi e la macchina fotografica di un ragazzo tra viaggi, i concerti, gli amori e la droga.
Il romanzo “Fedeli alla roba” viene descritto così. Non esiste solo la tanto sbandierata "meglio gioventù", esiste anche la "peggio", dei ragazzi che tra gli anni settanta e ottanta si persero "dietro sogni floreali". Una gioventù che ha visto, che ha sentito, che ha vissuto sulla propria pelle, gli anni di piombo, il terrorismo e l'eroina. Una generazione che non ha trovato la redenzione nei salotti televisivi e nell'occupazione di poltrone. Bruno Panebarco dà voce a un pezzo di storia contemporanea che ci riguarda tutti da vicino, una sorta di "Vietnam italiano". Dà voce ad anni in cui, spesso, ci si trovava davanti a scelte obbligate: la roba e la lotta con una sostanza sintetica chiamata metadone che la faceva da padrone in improbabili percorsi di disintossicazione. Ma anche anni di famiglie che si allargano e diventano tribù e comuni di ragazzi che si dividono tutto: sesso, alcol, amore, vestiti, sogni.
La mostra si prefigge di mostrare quel che nel libro viene raccontato, con la semplicità e la crudezza della realtà di quei famigerati anni ’80.
"Alla fine di un lungo viaggio si dovrebbero tirare delle somme, fare un bilancio, ma che altro dire se non che siamo sopravvissuti e questo è già un buon motivo per raccontare come andarono le cose? E' la memoria a essere importante, a insegnarci qualcosa e a mostrarci uno sprazzo di futuro" BP 2016