Calcio - 29 settembre 2017, 09:00

Una stella in più nel cielo: un dolce ricordo di Marco Prato

Marco non era solo uno di noi, era tutti noi

Marco Prato con Pavel Nedved

Marco Prato con Pavel Nedved

La morte non è mai bella, seppure è parte del contesto umano ma, per chi ha fede, è solo il transito, in attesa dell’eternità.

Morire nel contesto di ciò che profondamente si ama, se all’apparenza appare come il truce scherzo del destino, sublima quella profonda relazione.

Sabato sarebbe stato un Derby perfetto, conclusosi anche nel migliore dei modi se, a giochi fatti, non fosse accaduto l’irreparabile. 

Il cuore di Marco Prato non ha retto e a nulla è valso il disperato tentativo di soccorsi degli amici e di Veronica, la figlia con cui condivideva da sempre la grande passione chiamata Juventus. 

Solo un paio di ore prima l’avevo salutato in Piola, meta fissa per lui prima di ogni partita, dove poteva brindare con i tanti fratelli di gradinata. Lui, bianconero da sempre, che conobbe la tragedia del Settore Z dell’Heysel, da dove ne uscì senza scarpe ma vivo, grazie alla caparbietà di un amico buttafuori che lo strinse a se portandolo in salvo. 

Un’esperienza che lo segnò, fino al punto di abbandonare per qualche anno lo stadio, ma la Fede bianconera non venne meno, per rinascere ancor più forte in compagnia di Veronica, lo stimolo che gli fece rivivere il suo Sogno.

Attorno ai 7-8 anni della figlia, incominciò a portarla prima in Tribuna, quindi nei Distinti e poi, in occasione di un Juve-Parma, il destino volle che riuscì a trovare solo i biglietti per la Curva. 

Fu il risveglio di un amore sopito ma mai abbandonato, e quando Veronica gli disse che lì aveva trovato finalmente il luogo idilliaco dove poter vivere la partita, immagino dai suoi occhi lo sprigionarsi di un’immensa gioia. 

Gli abbonamenti di padre e figlia furono stipulati all’ultimo anno di vita del Delle Alpi, a suggello di una fedeltà assoluta.

Il suo era un amore viscerale, esternato a tal punto che, durante la finale di Champions del 1996, dalla pizzeria sotto la sua abitazione, alcuni clienti arrivarono in casa a sincerarsi dello stato di salute nell’abitazione: padre e figlioletta di cinque anni erano indemoniati a tal punto davanti alla Tv, da suscitare apprensione.

Il diciottesimo compleanno della figlia coincise con un regalo ‘mitico’: due giorni a Madrid in auto, dove potè farle vivere la magia della standing ovation che il Bernabeu tributò al magico Alex.

Novembre era per Marco il mese della full immersion nelle trasferte perché, essendo il mese di chiusura della panetteria che gestiva a Ceva, ciò gli dava l’opportunità di seguire ogni impresa della sua Juve, anche a migliaia di km di distanza da Torino e da casa. Trasferte fatte insieme a quegli Amici di Curva che furono la sua ancora, anche quando la morte del fratello per un tumore (dopo un’agonia durata quattro anni) lo costrinse a rimanere inattivo sul lavoro per più di cinque mesi.  

Il resto è storia recente, con la cavalcata tricolore delle ultime sei stagioni, che gli regalarono la gioia più immensa lassù, al secondo anello della Sud tra i Drughi bianconeri, dove il suo spirito aleggerà per sempre. 

Marco non era solo uno di noi, era tutti noi. Il mix di Fede, Passione e Amore in bianconero racchiuso in lui, sono il ‘modus vivendi’ di molti di noi. 

Il vuoto che ha lasciato, su quegli spalti, in Curva Sud, non potrà mai essere colmato. 

Coraggio Veronica, onoralo come avrebbe voluto che fosse, con gli ideali che ti ha infuso. Anche se è salito in cielo, sarà in ogni dove al tuo fianco e i suoi cori echeggeranno per sempre nella Sud. 

Di Padre in Figlia, porta la sua sciarpa. Marco Vive.

Beppe Franzo

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A GIUGNO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
SU