Eventi - 26 novembre 2017, 10:10

Morto un tiranno se ne fa un altro: anteprima italiana al TFF per “La morte di Stalin”

Una black comedy, che racconta a suo modo, qullo che successe quando, il 5 marzo 1953 Stalin morì improvvisamente per una presunta emorragia cerebrale

Morto un tiranno se ne fa un altro: anteprima italiana al TFF per “La morte di Stalin”

 

Cosa succede quando il capo supremo, colui che fino a poco prima assumeva incontrastato ogni decisione, muore improvvisamente? È ciò di cui parla il film in anteprima italiana al Torino Film Festival “La morte di Stalin”, del regista scozzese, e di origine italiana, Armando Iannucci. Una black comedy, che racconta a suo modo, qullo che successe quando, il 5 marzo 1953 Stalin morì improvvisamente per una presunta emorragia cerebrale. Ci vollero ben tre giorni prima che il gruppo dirigente vicino a Stalin decise di fare trasmettere a Radio Mosca la notizia che è uno shock per il mondo: è morto Josif Stalin, presidente del Consiglio dei ministri dell'Urss e segretario del Comitato centrale del Pcus. In quei tre giorni e nei mesi successivi si si scatenò al Cremlino una guerra di potere feroce, che il film racconta con molto humor nero e toni surreali. Per i leader politici la scomparsa del dittatore in parte è una liberazione perché li mette al riparo da un'eventuale, improvvisa, epurazione, d’altro canto nessuno  è in grado di ricevere la pesante eredità.

I bravissimi Steve Buscemi e Simon Russel Beale vestono i panni delle due personalità che emergono in questo regolamento di conti, ovvero di Nikita Krusciov, ambizioso Commissario politico, e Lavrentij Berija, il tremendo capo supremo della polizia segreta.

Sarà il primo, come noto, a spuntarla, tessendo una trama di allenze, per giungere, con ferocia, all’epurazione di Berjia dal partito, il cui svolgimento è ancora oggi in parte avvolto nel mistero, Sullo sfondo il popolo russo, lontanissimo da questa guerra di potere, duramente provato dal tributo versato nella seconda guerra mondiale, e schiacciato da un potere politico oppressivo.

I valori comunisti vengono ormai usati dai protagonisti del film a loro piacimento per gestire strategie di consenso o come armi per mettere fuori gioco i diretti rivali politici, in un clima generale di “si salvi chi può”.

 

g.m.

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