Attualità - 28 novembre 2017, 14:10

Addio a Beppe Bonetto, l'architetto dell'ultimo Torino scudettato

Dopo una brillante carriera da direttore generale granata, divenne uno dei primi procuratori. Uomo colto e dallo stile garbato, era distante anni luce da coloro che oggi condizionano il mercato

Addio a Beppe Bonetto, l'architetto dell'ultimo Torino scudettato

A 83 anni un altro pezzo del Torino dell'ultimo scudetto se ne va. Da ieri notte Beppe Bonetto, il direttore generale (o general manager, come si diceva allora) che costruì la squadra che Gigi Radice pilotò alla vittoria del campionato nel maggio del 1976, ha raggiunto in cielo Orfeo Pianelli.

Era stato proprio il presidente granata a volerlo in società nella prima metà degli anni Sessanta, avendolo conosciuto e apprezzato come giovane dirigente nel settore amministrativo della Lega Calcio, cui Bonetto era approdato poco dopo la laurea. Il Commedator Pianelli aveva intuito che questo signore dai modi garbati, colto e preparato, oltre che grande tifoso granata, poteva essere il dirigente giusto in grado di scovare giovani talenti senza per questo derogare al rigore dei conti e al mantenimento di un bilancio in ordine.

Dopo la conquista di due Coppe Italia, qualche bel piazzamento e il secondo posto del 1972, nell'estate del '75 Bonetto ricevette da Pianelli il compito di provare ad allestire una squadra che in un paio d'anni potesse finalmente cornare il sogno di riportare lo scudetto sulle maglie granata. Con un portafoglio a disposizione finalmente più pingue, Bonetto prima identificò nel giovane Gigi Radice il tecnico cui affidare la guida della squadra, che già aveva in rosa elementi di valore, ad iniziare dal portiere Castellini per arrivare ai "gemelli del gol" Pulici e Graziani.

"Radice mi aveva chiesto un regista, un uomo d'ordine per il centrocampo", aveva raccontato a chi scrive Beppe Bonetto. "Io avevo pensato al fiorentino Merlo, ma poi seppi da Fabbri (ex allenatore della nazionale e del Toro, ndr) che al Bologna il giovane Pecci aveva puntato i piedi e voleva andare via. Facemmo uno sforzo importante per l'epoca, ma portammo a casa il giocatore che ci serviva". Nacque così il Toro dello scudetto che, riforzato dall'acquisto di Danova per la difesa, l'anno seguente disputò la Coppa dei Campioni e sfiorò il bis in campionato, issandosi fino alla stratosferica quota 50 punti.

Poi iniziò il declino economico di Pianelli, che andò di pari passo con quello tecnico della squadra. Quando nel 1982 ci fu il passaggio di consegne con Sergio Rossi alla presidenza, lascò anche Bonetto, affascinato dall'idea di provare a costruire un Napoli da scudetto. Ma il feeling con il patron Ferlaino non sbocciò e dopo un solo anno il dottor Bonetto lasciò per creare una nuova figura nel calcio italiano, quella di procuratore (o agente, come si dice oggi).

Pur passando dall'altra parte della barricata, Bonetto divenne un uomo sempre apprezzato da tutti, che non faceva le moine per far rinnovare al rialzo i contratti dei suoi giocatori ogni anno, che non giocava su più tavoli, che era abituato a mantenere la parola data. "Non sono un santo, ma cerco sempre di comportarmi in una certa maniera", aveva raccontato anche in tempi recenti. "Con questo modo di lavorare ho cercato di inserire nell'ambiente anche mio figlio Marcello". Quello che, assieme al nipote Federico, da anni gestisce la Ifa, che ha sede in una elegante palazzina di corso Gabetti.

Quando andavi a trovarlo in ufficio, notavi subito che aveva inquadrato le maglie dei giocatori cui era più legato. In primis Paolo Maldini: "Non si può avere tutto dalla vita, chi fa questa professione non può sempre scegliere e talvolta deve puntare anche sulla quantà. Ma io, se posso, preferisco la qualità. Anche dell'uomo. Ecco perché a Paolo sono legato anche ora che ha smesso di giocare da anni". E poi potevi vedere anche le maglie di Zambrotta, Jorgensen, Peruzzi e Gilardino, tra i più noti. Tra i giocatori del Toro di oggi assistiteva il giovane Barreca.

Ora toccherà al figlio Marcello proseguirne l'opera, con la stessa signorilità e classe che contraddistinguevano il padre. Che non ha mai lavorato sotto banco per portare via un calciatore ad un altro agente, che non è mai salito sulle barricate per chiedere un adeguamento di contratto dei suoi assistiti. In un mondo del calcio inflazionato e spesso condizionato da procuratori senza scrupoli, è un merito che gli va riconosciuto.

I funerali si svolgeranno giovedì, in forma laica, come ha scritto sul sito dell'Ifa il figlio Marcello, che riporta un messaggio del nipote Paolo, 'Paolino' in onore di Pulici: "Insegna agli angeli come diventare il direttore generale del Torino". Buon viaggio Dottore.

Massimo De Marzi

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A GIUGNO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
SU