Dopo un lungo lavoro in Commissione la riforma della caccia in Piemonte approda in Consiglio per diventare legge.
Nella seduta di giovedì 1° febbraio si sono svolte le tre relazioni di maggioranza (Pd, Scelta di Rete civica e Sel) e le due dell’opposizione (M5s e Movimento nazionale per la Sovranità). Il provvedimento proposto dalla Giunta regionale rivede la legislazione in materia faunistico-venatoria in chiave nuova e moderna, in sintonia con i cambiamenti nazionali ed europei e in maniera tale da recepire le esigenze e le sollecitazioni delle associazioni di settore.
Tra le principali novità la tutela per le specie della tipica fauna alpina e gli uccelli tutelati dalla direttiva comunitaria, l’aumento della superficie venatoria minima degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, l’obbligo di una prova di tiro per la caccia di selezione, il riconoscimento della possibilità di commercializzare gli animali abbattuti.
L’Aula dovrà poi esprimersi sulle due proposte di legge presentate dai Gruppi di opposizione, sui quali la terza Commissione ha espresso parere contrario.
L’intendimento del M5s è quello di ridurre il più possibile l’attività venatoria, limitandola solamente al cinghiale (5 capi annui), alla lepre comune (2 capi annui) e al fagiano (3 capi annui) esclusivamente nelle giornate di mercoledì e sabato, e recepire proprio quei quesiti referendari ai quali non fu possibile dare risposta per la mancata effettuazione della consultazione per via dell’abrogazione della legge regionale allora vigente.
Il testo proposto dal Msn, partendo dal quesito se sia meglio una nuova legge che limiti ancora l’attività venatoria all’interno della nostra regione o piuttosto tenerci la cosiddetta leggina esistente, mira a consentire al Piemonte di avere diritti venatori paragonabili a quelli di altre Regioni italiane.