Si allunga la telenovela Embraco. Doveva essere domani, a Roma negli uffici del ministero per lo Sviluppo Economico, l'incontro decisivo tra la proprietà, il governo e i sindacati per capire quale futuro attende lo stabilimento di Riva di Chieri e oltre 500 dipendenti. Invece arriva il rinvio: 19 febbraio. Lunedì prossimo. Sempre al Mise. Alle 10 di mattina.
Non un'eternità, va detto. Ma di certo nemmeno un segnale che lascia ben sperare. Anche perché, quella di domani, era la data fissata proprio dal ministro Carlo Calenda che nella sua visita a Torino, la scorsa settimana, aveva battuto i pugni sul tavolo pretendendo una risposta da Embraco-Whirlpool entro pochi giorni.
Invece gli interlocutori si fanno ancora desiderare. "Il fatto che l'azienda chieda altro tempo è un fatto molto negativo - commenta Dario Basso, segretario provinciale della Uilm - perché la strada indicata dal Governo e concordata con le organizzazioni sindacali è chiara e prevede il ritiro dei licenziamenti e l'attivazione degli ammortizzatori sociali. È evidente che aumenta l'incertezza sul futuro dei lavoratori, che tra 40 giorni saranno licenziati. L'azienda, ancora una volta, si dimostra sprezzante nei confronti dell'Italia e non bada alle pesanti ripercussioni sociali del suo operato".
D'accordo anche Federico Bellono, segretario provinciale di Fiom-Cgil: "Il rinvio rappresenta una pessima e preoccupante notizia, innanzitutto per i lavoratori. Al momento l'iniziativa del Governo non ha prodotto risultati concreti e il tempo stringe. Certo è che il comportamento dell'azienda è inqualificabile, denota l'assenza di qualsiasi responsabilità sociale e la sola volontà di disimpegnarsi da qualsiasi obbligo".
Intanto, è fissata per domani mattina la convocazione che sempre Calenda ha voluto per affrontare un altro fronte aperto del lavoro a Torino e in Piemonte: quello della Carlson Wagon Lit.
Nei giorni scorsi la multinazionale dei viaggi d’affari aveva annunciato la chiusura della storica sede di Torino, aprendo le porte ad altri 50 licenziamenti, dopo aver già chiuso le sedi di Firenze, Bologna e Padova, proseguendo così sulla strada dello spostamento di attività verso i Paesi dell’Est, alla ricerca di un costo del lavoro più basso, diminuendo quindi la forza lavoro in Italia, Francia e Spagna.
Per la Filcams Cgil "questo disegno non tiene conto delle caratteristiche del settore nel nostro Paese dove, nonostante la digitalizzazione, è ancora importantissimo il rapporto con il territorio e dove le aziende chiedono un livello di servizio sempre più alto".





