Un'assemblea unitaria tra tutte le sigle sindacali coinvolte e uno sciopero generale dei lavoratori metalmeccanici entro il 15 di marzo. Fiom, Fim e Uilm continuano a camminare al fianco di Embraco, ma al tempo stesso vogliono sollevare il velo: la difficoltà, anche forte, non riguarda solo lo stabilimento di Riva di Chieri e i suoi 500 lavoratori. Ma anche molti molti altri.
"Ci siamo trovati di fronte a una posizione intransigente - dice Dario Basso, segretario Uilm - ma al tempo stesso non bisogna dare illusioni ai lavoratori. È dal 2004 che si fanno tentativi di reindustrializzazione e le due realtà che si sono insediate non hanno assorbito esuberi Embraco. È qui che la politica dovrebbe agire per rendere attrattivi questi siti. Bisogna alzare il tiro, sollevando il tema occupazionale dell'intera provincia".
"Bisogna fare lobby ed essere un laboratorio di iniziative. Vogliamo provarci, magari sbagliando. Ma vogliamo provarci". E i tre sindacati metalmeccanici lo fanno "anche facendo un passo indietro, rispetto alle differenze che ci sono tra le sigle".
"La logica è che abbiamo una vicenda che ha dei tempi entro i quali dobbiamo mettere in campo le nostre iniziative - dice Federico Bellono, segretario di Fiom Cgil Torino -. È un fatto emblematico che giustamente sta raccogliendo le attenzioni che merita dall'attenzione pubblica. E quindi è necessario mettere in campo una serie di temi che riguardano il nostro territorio in maniera più estesa, passando per gli ammortizzatori sociali e per il ruolo delle multinazionali".
Dunque, la scadenza è il 15 di marzo, quando scatterà la procedura di licenziamento di Embraco e sfruttando le urne elettorali. "Vogliamo portare migliaia e migliaia di metalmeccanici della nostra città in piazza". Sarà un evento con precedenti simili risalenti a oltre dieci anni fa.
"Embraco, ancora più di Comital, è il segno di quanto dobbiamo riprendere certi temi sul territorio torinese - aggiunge Claudio Chiarle, di Fim CISL - e anche se siamo in una situazione drammatica e nella quale forse anche chi ha voluto darci una mano ha involontariamente complicato le cose. Perché i sindacati devono fare i sindacati, i ministri i ministri e gli arcivescovi gli arcivescovi". "Ma al di là di questo, bisogna impegnarsi per creare le condizioni per ridare davvero un'occasione a chi non ce l'ha più. Re industrializzare vuol dire anche questo. Ed è tra le responsabilità del sindacato. Ma serve responsabilità da parte delle aziende".
"Uno sciopero generale avrebbe un peso notevole - aggiunge Bellono - in questi anni abbiamo affrontato decine di vertenze, ma si sono consumate nella solitudine dei singoli casi. Serve un salto di qualità, con un coinvolgimento largo dei lavoratori torinesi. Anche lavoratori che vivono situazioni diverse. Una mobilitazione di tutte le energie. Di chi sta lavorando e di chi non sta lavorando. Si deve aprire un discorso a partire dagli ammortizzatori sociali, dove le garanzie sono sempre di meno e spesso ci si trova in situazioni in cui non esistono alternative".
È una riflessione riguarda proprio Whirlpool: "Noi l'abbiamo chiamata in causa con forza, ma non tutti lo hanno fatto, a cominciare dal Governo. Ha già avuto impatto sulla Indesit di None e, a differenza di Embraco che chiusa Riva di Chieri non avrà più nulla a che spartire con il nostro Paese, Whirlpool avrà ancora parecchi legami con l'Italia. Ed è su quello che bisogna insistere. Non dare per chiusa o per persa nessuna partita. Perché non è cosi".
E se Calenda in qualcosa può aver ecceduto, il dito è puntato verso gli altri esponenti del governo: "Nessun altro ministro ha detto nulla".
Domani ci sarà un nuovo incontro formale con l'azienda, che ha fatto capire di voler fare altre proposte ai sindacati. Tra le ipotesi, si è vociferato di un part time per arrivare ai mesi necessari per una reindustrializzazione. "Ma i sindacati non accetteranno mai un accordo simile, con un sacrificio chiesto ai lavoratori e che alla fine vede un licenziamento. E quello va escluso".
"Se quella è la prposta, è considerata provocatoria e ci alzeremo dal tavolo, perché inaccettabile. L'unica ipotesi è il ritiro dei licenziamenti", hanno scandito, quasi sillabandolo, le tre sigle metalmeccaniche.