Il tavolo come spazio di incontro o simbolo di solitudine, punto focale della casa o semplice oggetto da usare a seconda dell'umore della giornata. È questo l'elemento attorno a cui si è sviluppata la quarta edizione di MinD - Mad in Design, che ha visto la collaborazione di Lago, celebre brand, e Asl To5, oltre a tante altre realtà che operano in ambito psichiatrico e sociale.
Dal 15 al 19 marzo, a Torino, presso il Campus Lingotto, circa 50 studenti universitari provenienti da tutto Italia e 15 persone seguite dai servizi di salute mentale hanno affrontato, in un workshop, il tema dell’abitare per il disagio psichico.
I partecipanti sono partiti da una riflessione.
"Nell'ambito della residenzialità psichiatrica - comunità alloggio e gruppi appartamento - la casa è il luogo che cura e che si prende cura delle persone. Le relazioni tra lo spazio e persone e gli oggetti si caricano di significati che vanno oltre le loro caratteristiche funzionali, tecniche e formali, diventano cioè preziosi strumenti di un percorso di riabilitazione e di cura".
All’interno del progetto MinD, il design, inteso come processo, diventa quindi un potente strumento di inclusione e trasformazione sociale, dove progettare “per” la fragilità diventa necessariamente progettare “con” la fragilità e dove l’idea del “fare insieme” diventa una strategia riabilitativa.
Nato nel 2014, MinD - Mad in Design è un progetto didattico e culturale che affronta, nell’ambito della formazione universitaria e dell’inserimento nel mondo del lavoro, il tema del progetto dei luoghi del disagio mentale. MinD nasce da un’idea degli architetti Giulia Mezzalama e Sandra Poletto, della psicologa Elena Varini, ed è promosso da Camplus - Fondazione CEUR (Centro Europeo Università e Ricerca) con Blu Acqua, società attiva nell’ambito della residenzialità psichiatrica, con il sostegno della Compagnia di San Paolo e la collaborazione di istituzioni universitarie e aziende del settore.
Articolato in un workshop e una serie di eventi collaterali, MinD sperimenta metodi di lavoro, approcci e soluzioni per un’idea di abitare socialmente inclusivo.
Seguendo un approccio multidisciplinare e inclusivo, e partendo dai bisogni della residenzialità psichiatrica, sei team di progettazione, guidati da altrettanti designer professionisti, hanno lavorato sull’idea di “tavolo” come luogo vivo, mutevole.
I designer che hanno collaborato alla nuova edizione di MinD sono: Lorenza Branzi, Marco Marzini; Marco Stefanelli; Alberto Ghirardello; Sebastiano Ercoli; Walter Visentin.
Il Dipartimento di salute mentale Asl To5 ha così commentato l'esperienza:
"Facciamo quotidianamente un lavoro molto complesso che richiede l'accompagnamento totale del paziente in ogni fase, verificando anche le capacità dei pazienti per aiutarli nel superamento dello stigma. Puntiamo molto sui tre elementi che rendono la vita di ciascuno dignitosa, cioè lavoro, famiglia e casa. Il tavolo è quindi espositore di un'aggregazione, o, se si è da soli, una possibilità di unione di elementi che ci rappresentano, in ordine o disordine. Oppure, luogo su cui piangere o dove ritrovarsi per momenti di convivialità. Questo workshop ha permesso ai pazienti psichiatrici di educare se stessi al concetto di bellezza, cosa che induce poi a cercarla di continuo: perché una volta che si impara ad apprezzarla, non si può più farne a meno. Ma, soprattutto, è stata data la possibilità di completare un percorso, raggiungere un punto d'arrivo concreto, restituendo a noi operatori sociali una realtà sicuramente molto più aperta a tante possibilità".
Questi, in sintesi, i lavori dei sei team.
Il primo gruppo si è focalizzato sul tema dell'incontro, sperimentando a livello empirico cosa significhi modificare lo spazio a seconda degli stati d'animo.
Il secondo ha sviluppato il sentimento della rabbia, prendendo molti spunti dal mondo dell'arte, e basandosi sui concetti di rifugio e conforto. Da qui l'idea di rendere il tavolo più malleabile proprio per plasmarlo in funzione di una relazione. Un tavolo capace di "accogliere" la persona presa da un momento di sconforto e bisognosa di un abbraccio.
Il terzo, chiamato "Sesto piano", ha analizzato diverse criticità legate all'ambiente delle comunità psichiatriche: senso di costrizione, appiattimento dell'individualità, mancanza estetica, ritualità acquisita. È stata quindi ideata una possibile funzionalità terapeutica del tavolo, sviluppandolo in verticale per dare più valore allo spazio.
Il quarto, "Confluo" si è incentrato sull'importanza della comunicazione e dello stare insieme attorno a un tavolo. Il tavolo progettato, in questo caso, prevede anche l'aggiunta di elementi "proustiani", odori e sapori capace di evocare ricordi e suscitare emozioni.
Le tre parole chiave per il quinto gruppo, invece, sono state: partecipazione, gioco e intimità. Un punto di partenza molto semplice, che appunto non aveva l'obiettivo di creare nulla di particolarmente innovativo, ma incrementare la connotazione di tavolo come "focolare domestico". Ed ecco il guizzo creativo capace di di dare alla luce un tavolo "ventaglio" componibile e scomponibile a seconda delle esigenze.
Infine, "Tavolando": un tavolo che, oltre alle azioni quotidiane, raccoglie anche diversi stati d'animo, dal piacere all'obbligo del dover stare seduti. O ancora, momento sbrigativo, lungo di conflitto. È stato infatti realizzato un tavolo capace mi accogliere sensazioni differenti, con varie forme, mutevoli e organiche, attraversando un vero e proprio percorso emotivo basato sulle forte geometriche. E, per realizzarlo, sono stati recuperati degli scarti dai sotterranei del Campus Lingotto.
Un esperimento ancora una volta ben riuscito, iniziato, naturalmente, a partire da quattro chiacchiere e due schizzi tutti seduti attorno a un tavolo.