Cultura e spettacoli - 12 maggio 2018, 10:35

#SalTo18: c’è ancora bisogno di Franco Basaglia. Manconi: “Pensiamo ad Andrea Soldi”

Al Salone del Libro di Torino è intervenuta Alberta Basaglia, figlia dello psichiatra che ha dato il nome alla legge. “Mio padre – ha spiegato – non ha mai detto che la malattia mentale non esiste”

#SalTo18: c’è ancora bisogno di Franco Basaglia. Manconi: “Pensiamo ad Andrea Soldi”

“Mio padre non era un sognatore, ma un realista”. A dirlo è Alberta Basaglia, figlia di Franco, lo psichiatra veneziano che diede il nome alla Legge 180, approvata 40 anni fa, che chiuse l’esperienza dei manicomi per aprire a un nuovo modo di trattare la malattia mentale. Non più come una devianza da nascondere, ma come una patologia da curare. “Mio padre – ha spiegato Alberta Basaglia al Salone del Libro di Torino – non ha mai detto che la malattia mentale non esiste, si tratta di una noiosa e ingiusta credenza”.

Il quarantennale non è solo l’occasione per ricordare l’importante figura di Franco Basaglia, ma anche per portare avanti un’importante operazione di memoria. All’incontro che si è tenuto ieri, moderato da Valeria Parrella, sono intervenute anche due scrittrici, Anna Marchitelli e Annacarla Valeriano, autrici di due libri che, attraverso un grande lavoro di ricerca sulle cartelle cliniche, hanno ricostruito storie e situazioni da non dimenticare. “Ho lavorato su 3000 cartelle cliniche – ha spiegato Annacarla Valeriano, autrice di “Malacarne” (Donzelli) – del manicomio femminile di Teramo. Lì sono finite spesso delle donne che avevano soltanto delle identità troppo visibili. Se non ci fosse stata la “rivoluzione Basaglia” oggi non potremmo vedere quelle cartelle. Erano donne che avevano infranto i codici patriarcali”.

“Mi sono concentrata sui pazienti – ha aggiunto Anna Marchitelli, che ha scritto “I tredici canti” (Neri Pozza) – le cui parole venivano riportate nelle cartelle ma filtrate dai medici. Ho raccontato la storia di 13 “folli”, come ad esempio Renato Cacioppoli, internato per evitare il confino politico, oppure Luigi Martinotti, finito in manicomio per aver chiesto soldi in Questura per la pubblicazione di un suo libro. I miei folli si raccontano in una specie di autocoscienza”.

Sono storie del passato, che rischiano di far pensare che sia tutto superato, finito. Invece non è così, come ha sottolineato il sociologo Luigi Manconi. “Nel 2011 – ha raccontato – un professore, Franco Mastrogiovanni, fu sottoposto a un TSO all’ospedale di Vallo della Lucania, sedato e messo in un letto di contenzione per 87 ore. Lì morì e il personale se ne accorse soltanto 8 ore dopo. A Torino, appena tre anni fa, Andrea Soldi subì un TSO, praticato da personale inesperto e incapace, e morì. Queste storie sono parte della nostra contemporaneità”.

Paolo Morelli

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