La storia di dj Fabo e della compagna Valeria Imbrogno è la dimostrazione di come l’amore, se autentico, possa davvero divenire capace di fronteggiare qualsiasi difficoltà: compresa una tetraplegia aggravata dalla cecità, in seguito a un incidente d’auto che ha sconvolto entrambe le esistenze.
In Prometto di perderti. Io, dj Fabo e la vita più bella del mondo, a essere raccontato non è il dj, bensì l’uomo, Fabiano Antonioni, che il 27 febbraio 2017 ha deciso di recarsi in Svizzera per ricorrere al suicido assistito, supportato dalla madre, dalla compagna – autrice del libro – e da Marco Cappato, divenendo, così, protagonista di una delle vicende che più ha diviso l’opinione pubblica e istituzionale e si staglia tra le motivazioni decisive dell’approvazione della legge sulle DAT.
“Io e Fabiano ci conoscevamo da circa venticinque anni: abbiamo frequentato le medie insieme, i corsi di pallavolo, gli anni della giovinezza, finché ci siamo innamorati, restando sempre uniti, prima e dopo l’incidente, momento in cui ci siamo accorti che la nostra fosse davvero la vita più bella del mondo”, ha raccontato Valeria Imbrogno. “Ma anche precedentemente ne eravamo consapevoli, ed è divenuta maggiormente tale quando il ritmo delle nostre esistenze si è rallentato, quando abbiamo imparato a dialogare e ad ascoltarci con pazienza e attenzione”.
Ma Valeria è stata una vera combattente, dentro – è campionessa di kickboxing e pugilato – e fuori dal ring, accanto al suo compagno di vita, cui, “per far ricordare i sapori dell’India, ho fatto assaggiare fugacemente il pollo al curry, e anche la Fanta, la sua bibita preferita, quando poteva essere nutrito solo da sondino e omogeneizzati”.
Fabiano, infatti, è sempre stato profondamente testardo, anche nel corso della malattia, come dimostrano i giorni trascorsi a eseguire gli esercizi di fisioterapia e a lottare per la vita, affidandosi totalmente alle mani e al giudizio di Valeria, la quale non si è mai arresa e, per tale motivo, si è costantemente aggiornata, con l’obiettivo di “portarlo il più vicino possibile alla sua vita precedente”. Infatti, “non essendo credenti, abbiamo sempre investito estrema fiducia nella scienza, fino a effettuare un viaggio in India per sperimentare la cura con le cellule staminali e trovare una soluzione, pur con esiti negativi”.
Per tale motivo, di fronte all’ineluttabilità dell’inevitabile, Fabiano ha deciso di ricorrere al suicidio assistito in Svizzera: “Quando ha deciso il giorno – ha spiegato Valeria –, la clessidra ha iniziato a perdere granelli. Nei mesi che sono intercorsi dalla programmazione al suicidio, però, Fabiano ha concentrato le proprie energie sulla realizzazione della festa in onore del suo quarantesimo compleanno, il 9 febbraio, imponendomi di organizzarla nei minimi dettagli”.
Fino al triste, ma necessario epilogo, il 27 febbraio 2017. Un epilogo caratterizzato da quella inesauribile e prepotente libertà di scelta che è sempre stata caposaldo dell’intera esistenza di Fabiano Antonioni e l’ha contraddistinto anche nel momento più difficile: dire addio alla “vita più bella del mondo”.