Verrebbe da dire "ma come, proprio sul più bello?". E infatti - almeno per le esportazioni del nostro territorio - sembra proprio così. In coda a un 2017 che è stato un anno da record per il made in Italy, alla faccia della crisi e di tutti i suoi danni, ecco arrivare tensioni internazionali (a Ovest come a Est) con tanto di dazi e sanzioni, veri o solo minacciati
A far sentire il suo grido di dolore è Confartigianato Piemonte, tramite il suo presidente Giorgio Felici, visto che a rimanere intrappolate in questi duelli commerciali sono soprattutto le micro e piccole imprese. "Tra le trentacinque province con una quota superiore o uguale all’1% dell’export nazionale nei settori delle mpi si riscontra una crescita a doppia cifra ad Alessandria (+27,1%), Cuneo (+14,8%), sopra alla media Vercelli (8,3%) e Biella (8,2%), in positivo Verbano Cusio Ossola (5,9%), Torino (4,7%) e, unico negativo, il fanalino di coda Novara (-0,4%). La politica protezionistica degli Stati Uniti rappresenta un danno per economie esportatrici come l’Italia, secondo Paese manifatturiero dell’Unione europea".
Tra tutte le regioni del nostro Paese, il Piemonte è nono per valore delle esportazioni e del loro "peso" per quanto riguarda il mercato a stelle e strisce: 15,5% alimentare, 12,7% tessile, 22% abbigliamento, 3,2% pelle, 1,1% legno, 11,4% metallo, 1,6% mobili. A livello provinciale spicca Vercelli (2,82% tessile, abbigliamento) con valori più che doppi rispetto alla media (0,72%). Seguono Biella (1,42%), Alessandria (1,32%). Al di sotto della media: Novara (0,60%), Torino (0,34%), Verbano- Cusio Ossola e Asti (0,16%).
“Il 2017 è stato un anno d’oro per l’export per quasi tutte le province piemontesi - prosegue Felici – e il Piemonte ora dovrà fare i conti con i dazi americani. La situazione influirà non poco nel 2018, ma crediamo che le limitazioni spingeranno le imprese a puntare su innovazione, qualità e formazione ma soprattutto le costringerà a trovare nuove vie commerciali, come quelle dell’Est o dell’Oriente. Forse si passerà da una situazione di libera circolazione di merci ad una frattura profonda, fatta di chiusura dei mercati e ripristino di dazi e tariffe. Quanto poi la circolazione incontrastata di ogni merce abbia avvantaggiato il nostro Paese è una valutazione che lasciamo ai ‘soloni’ dell’economia ultraliberista che hanno trascinato l’Italia nella recessione dalla fine del 2011 ad oggi”.