In una società che cambia, cambiano anche gli interpreti che la vivono e, in alcuni casi, la fanno vivere. Sono i cosiddetti "corpi intermedi", un tempo collocazione di realtà come partiti, sindacati, associazionismo e istituzioni simili e oggi sempre più territorio in mutamento, da esplorare e a volte da "ripopolare".
Di questi temi parla "La forza della società", scritto da Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione CRT e Michele Rosboch, docente dell'Università di Torino. Il libro è edito da Aragno. "Siamo cuneesi sia io che l'editore - sorride Quaglia - nati nella stessa via a pochi numeri civici di distanza, a Genola".La prefazione è di Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Acri. La postfazione è di Massimo Lapucci, segretario generale della Fondazione CRT.
"Il titolo del libro parte dalla riflessione che partendo dal valore della persona e il suo carattere relazionale, la presenza di enti intermedi in cui si possano aggregare le persone è fondamentale. Luoghi in cui stare insieme, dialogare, confrontarsi. Anche solo divertirsi. Sono componenti essenziali per non lasciare il cittadino "nudo" davanti al potere che comanda, ma essere con una sua autonomia e che si esprime attraverso l'associazionismo".
"La stessa costituzione riconosce le aggregazioni sociali. E il verbo riconoscere è diverso da tutti gli altri. Viene usato solo due volte nella Carta, insieme alle autonomie locali. Sono dunque qualcosa di fondamentale e preesistente, infatti le radici risalgono al medioevo e, ancora prima, all'antica Grecia".
Negli ultimi 70 anni però qualcosa è cambiato. "A cominciare dai partiti, determinati enti si sono indeboliti - dice Quaglia - così come i sindacati e le organizzazioni professionali. Manca il contesto più ampio di progresso, innovazione e costruzione. Ci si è ridotto alla difesa della categoria, dell'orticello, senza più essere lievito della società".
Dunque c'è da ripartire: "Soprattutto in un mondo globalizzato bisogna recuperare un senso forte di appartenenza. Specialmente tra i giovani. E fare in modo che i processi innovativi non dimentichino i territori di confine, quelli periferici, più deboli e fragili. Ma senza snaturarli, anzi stringendo un'alleanza tra aree metropolitane e luoghi di confine".
Ma quali enti possono sopperire a questa mancanza? "Pensiamo a tutti gli enti di terzo settore, con no profit e fondazioni di origine bancaria. Proprio le Fondazioni possono essere nuovi luoghi di ascolto delle esigenze del territorio, cercando di condividere linee di intervento per welfare, sviluppo economico e sussidiarietà circolare. Bisogna rimettersi in gioco".