Non è stato il caldo, ma una crisi che ancora non si decide ad abbandonarci. L'estate piemontese porta con sé alte temperature, ma anche un boom di cassa integrazione che vede il Piemonte come la regione in Italia che ad agosto ha registrato l'aumento percentuale più elevato. Lo testimoniano i dati elaborati dall'ufficio studi della Uil.
Con oltre 2 miloni di ore di ammortizzatori sociali richiesti (2.023.253 ore, per la precisione), l'aumento è stato del 97,7%. Una tendenza dovuta soprattutto alla cassa straordinaria, aumentata del 286,4%. A livello provinciale, Cuneo e Torino sono i due territori maggiormente interessati, rispettivamente con un +887,1% e un +234,9%, seguono quindi Vercelli +52,3% e le altre aree che invece danno risultati in calo come Novara -25,7%, Biella -28,7%, Alessandria -59,4%, Verbania -92,5% e Asti -94,3%.
Nei primi otto mesi dell’anno, tuttavia, in Piemonte la richiesta è stata di 19.619.836 ore, in discesa del 23% rispetto all’analogo periodo del 2017 (+3,2% ordinaria, -35,4% straordinaria, -97,5% deroga). A livello nazionale sono state autorizzate 150.719.406 ore, con una riduzione del 38,3%.
Torino, con 10.397.521 ore, è la seconda provincia più cassaintegrata d’Italia dopo Roma, il Piemonte è al secondo posto tra le regioni, preceduto dalla Lombardia.
“Per quanto, da sempre, i dati del mese di agosto devono essere considerati con cautela - commenta il segretario generale Uil, Gianni Cortese - l’impennata di ore registrata in Piemonte, in particolare per la cassa integrazione straordinaria, desta preoccupazione, perché testimonia la persistenza di difficoltà in un discreto numero di imprese. Se a ciò aggiungiamo l’imminente esaurimento degli ammortizzatori per altre imprese, il quadro non è propriamente confortante".
"Non può essere sottovalutata, inoltre, la crescita delle domande di disoccupazione (Naspi) che, nei primi 7 mesi dell’anno, hanno superato il milione. In particolare - conclude - a luglio, si è registrato un raddoppio di richieste rispetto al mese precedente, non sappiamo quanto indotte dal Decreto Dignità che potrebbe aver convinto a non rinnovare una parte di contratti a termine in scadenza. Le prossime rilevazioni dovrebbero fornire le risposte in proposito”.