"C'è una generale sensazione di insoddisfazione e percezione di potersi fare giustizia per conto proprio, con la perdita di valore dei corpi intermedi. Ma è una situazione difficile da conoscere e da misurare".
Eppure che i medici (così come gli insegnanti, per dire un'altra categoria nel mirino) siano ormai sempre più oggetto di violenza in varie forme, è sotto gli occhi di tutti. E l'ordine dei Medici di Torino lancia il suo allarme: "Si tende a sottostimare il fenomeno perché pochi segnalano - spiega Guido Giustetto, presidente dell'Omceo di Torino -: si pensa che l'84% dei lavoratori non denunci casi di percosse, minacce e casi di questo genere. E gli stessi fai Inail danno uno spaccato, ma non esaustivo".
Ecco perché l'Ordine professionale torinese ha deciso di fare un'indagine approfondita sul territorio, coinvolgendo vari luoghi della salute cittadina, tra Ospedali e Asl. E se solo il Gradenigo sembra un'isola felice (nessun caso segnalato nel 2017), in tutto si contano 66 eventi di violenza sui medici, il 56% dei quali ha riguardato donne, nonostante i maschi siano numericamente superiori nel mondo medico. Sono soprattutto medici ospedalieri (86%), mentre il tipo di violenza subita è legata soprattutto a insulti e minacce verbali (64%) e mancanza di rispetto (6%). La violenza fisica riguarda invece il 27% dei casi, di cui il 15% con lesioni.
Questi casi di violenza si sono verificati soprattutto nei DEA (45%) seguita dai reparti (19%), dalla psichiatria (13,6%) e dagli ambulatori (10,6%).
Casi che si verificano nonostante la presenza, in molti casi, di sistemi di sorveglianza 24 ore su 24, controllo degli accessi e dispositivi vari. "Ma gli ospedali sono strutture complesse, con tanti accessi diversi e non è facile effettuare un controllo a tutto campo", spiega ancora Giustetto. E nelle ultime generazioni, la presenza di donne nell'universo medico è in aumento, con tutto quello che ne consegue anche dai rischi di minacce e violenze a sfondo sessuale o comunque in una condizione di forza fisica sfavorevole.
Antonella Capellupo è medico psichiatra dell'ASL Città di Torino ed è stata vittima di uno di questi episodi. "Noi psichiatri siamo abituati ad avere a che fare con atteggiamenti di un certo genere, legati alle patologie dei pazienti e che cerchiamo di contrastare con medicine e terapie".
Al Mauriziano, per esempio, in casi limite esiste un pulsante che, se schiacciato, richiede l'intervento della vigilanza. Ma in altre realtà come il Martini o il Maria Vittoria è necessario chiamare le forze dell'ordine. "Ma a Torino nel 90% le forze dell'ordine non intervengono. La mia impressione è che forse questo accada anche a seguito del caso di Andrea Soldi, portando gli operatori a rispondere che esistono indicazioni di una circolare che rimanderebbe all'interno dell'ospedale la gestione di queste situazioni"."A me è successo il mese scorso, in un giorno feriale alle 13, con un paziente del Mali che si è denudato spintonando gli addetti presenti, soprattutto donne - racconta la dottoressa Capellupo -. Ho chiamato il numero unico e mi hanno detto che non sarebbero intervenuti, a meno di una presenza di notizia di reato. Ma non è possibile denunciare un paziente che sta male e così mi è stato anche detto che avrei potuto essere denunciata per procurato allarme. Tutto questo ci fa sentire soli e a rischio".
Una sensazione facilmente immaginabile, se si considera che spesso in turno, di notte, si trovano solo donne tra medici e infermieri. "Episodi che non sono frequenti, ma non è stato certo l'unico fin qui".
Paola Artoni lavora invece all'ospedale di Chieri ed è stata testimone oculare: "Lo scorso agosto arrivò in ambulanza un paziente che aveva avuto atteggiamenti aggressivi in un bar. Al triage ha ricevuto un codice giallo e nel giro di pochissimi istanti ha dato un pugno a una persona lì presente causandogli un'emorragia cerebrale, anche se non grave. Una situazione che non è degenerata solo per la prontezza di alcuni infermieri e medici, ma una dottoressa è stata presa per il collo e non è stata una bella situazione". "Si sta male, in quel momento lì, perché ti senti vulnerabile. Soprattutto al pronto soccorso rischi di farti davvero male per un lavoro e per dare un servizio alla gente. E spesso veniamo invece dipinti e conosciuti solo per casi negativi, mentre siamo in una situazione di difficoltà e di carenza di organico. Invece siamo una categoria in cui l'aspetto umano è ancora molto pronunciato. La notte dopo non ho chiuso occhio e la sensazione di un'aggressione fisica ti fa capire che non ci sono più limiti e l'inquietudine ti assale. È uno stress che ti segna. Noi facciamo tutto quello che è possibile fare: non aggrediteci".
L'escalation comincia quando il paziente non chiede, ma pretende. Così come capita alla guardia medica. "Non sempre la visita a domicilio è necessaria o obbligatoria - racconta Alessandra Taraschi, della commissione Giovani dell'Ordine dei medici - eppure subito scattano le minacce, di denuncia e non solo. Ci sono colleghi che hanno mollato, come il caso di un medico che vista la situazione ha scelto di andare a lavorare in Svizzera". "Oppure di fronte a prescrizioni mediche non adatte, ma che lo stesso paziente pretende. Oppure la certificazione, con aggressioni a colleghi che si rifiutano di fare certificati - prosegue Taraschi -. Ma la situazione più a rischio è la visita domiciliare presso il paziente. In alcuni casi si preallerta le forze dell'ordine, ma si tratta di situazioni non prive di rischio".
"Chiediamo - aggiunge il presidente Giustetto - che il medico sia considerato pubblico ufficiale anche nello svolgimento delle sue funzioni, con la denuncia come atto d'ufficio. Questo libererebbe il medico dalla difficoltà, in alcuni casi, di denunciare il paziente. E come ordine ci costituiamo parte civile in ogni caso di violenza a un nostro iscritto di cui veniamo a conoscenza". Ma molto si sta facendo anche sul fronte della formazione, anche a distanza, così come sul fronte dell'autodifesa, almeno nel senso della gestione degli spazi, come il Ki Aikido.
"Insieme alla polizia e alle forze dell'ordine - conclude Giustetto - vorremmo anche confrontarci per chiarire procedure e meccanismi di protezione e di difesa della violenza nei confronti del personale sanitario e dei medici".