Nuove Note - 23 dicembre 2018, 06:00

Tra l’estetica punk del grezzo e la vena cantautoriale: la musica di Francesco Rigoni

Il passaggio successivo è stato l’incontro con il punk in un gruppo tra amici.

Tra l’estetica punk del grezzo e la vena cantautoriale: la musica di Francesco Rigoni

Francesco Rigoni si battezza musicalmente nel 1999 a Nairobi quando un suo compagno di classe lo obbliga a suonare il basso in una band. Il passaggio successivo è stato l’incontro con il punk in un gruppo tra amici. L’ultimo step, fino a questo momento, è quello cantautoriale. L’ultimo Lp appena pubblicato, “Cosa è reale”, racconta un viaggio in un futuro non troppo lontano, nel quale le persone si trovano isolate e devono combattere con tutte le loro forze per sopravvivere in una natura ostile e pericolosa. Un viaggio che trova la sua conclusione soltanto nell’ultima parola, nell’ultima nota, dell’ultima canzone.

Quando è avvenuto il tuo primo approccio con la musica?

Quello con la musica ascoltata risale ai miei primi anni di vita, quando nelle varie case in cui ho abitato si usava ancora tanto il giradischi e in casa passavano Cat Stevens e Graceland di Paul Simon. La musica suonata è stata anche una costante a casa mia: da mio padre ho ereditato Arianna, la chitarra che ha visitato due continenti e girato il mondo con la nostra famiglia, visitando cantieri e salotti sempre pieni di gente festosa e cantereccia. Tuttavia il mio vero “battesimo musicale” è avvenuto nel 1999, a Nairobi. Mi ero trasferito lì con la famiglia, appena adolescente, e ci sono rimasto due anni. Io avevo solo in testa la pallacanestro, ma un mio compagno di classe mi disse “Tu suonerai il basso nella nostra band”. È iniziato tutto così.

Musicalmente nasci con un gruppo punk e poi ti scopri cantautore, raccontaci di questa svolta.

È stato un percorso di sviluppo “naturale”. Il punk mi ha “trovato” mentre non avevo nulla da fare e si è preso cura di me. Poi, crescendo, ho intrapreso la mia strada e sono diventato un musicista più solitario, che scrive e canta le proprie canzoni. Tuttavia, sento che dentro di me ci sono entrambi gli ingredienti, il cantautore e il punk. L’estetica del “grezzo”, del diretto, del semplice, dell’immediato, dell’andare controtendenza, che mi ha lasciato il punk è ancora un elemento molto importante della mia vita musicale e del mio “stile”.

Cosa ispira la scrittura dei tuoi testi?

Il pretesto per scrivere una canzone è sempre una persona e una cosa che succede,  privata o collettiva. Il tema però è sempre l’esplorazione dei rapporti interpersonali e dell’individuo con l’esistenza e le sue sfide. Mi piace pensarlo come un viaggio spirituale. I testi che reputo più riusciti, infatti, li vivo come profezie: penso di conoscerne il significato e invece mi ritrovo a riscoprirli, ciclicamente, e a imparare qualcosa di nuovo.

Hai da pochissimo pubblicato “Cosa è reale”, come è nato questo Lp?

È il risultato della mia collaborazione con il mio produttore, Manuele Miceli. Io stavo covando un’idea di ambientazione, un’esigenza di racconto, lui voleva riprendere il discorso dell’album precedente e arricchirlo di sonorità. Il disco è esattamente il punto d’ incontro di queste due iniziative.

Analogie e differenze tra i due tuoi lavori “Continua a mangiare troppo” e “Cosa è reale”.

Il primo LP è un lavoro che musicalmente esplora la dimensione “intima” della voce e della chitarra, e tematicamente affronta la voglia di riappropriarsi del significato delle emozioni nella propria vita. Il secondo è un disco nel quale abbiamo dato spazio alla ritmica, all’orchestra, al rock. È stato un viaggio in un futuro non troppo lontano, nel quale le persone si trovano isolate e devono combattere con tutte le loro forze per sopravvivere in una natura ostile e pericolosa. Sono convinti che gli altri siano tutti nemici pronti ad approfittare di ogni nostro momento di debolezza e dove in realtà l’unica vera strategia efficace e sostenibile è la riscoperta della persona affianco a noi, il compagno di viaggio, l’amante, il fratello, l’alleato, ma anche i nostri lati interiori, le nostre luci e anche le nostre ombre. Un viaggio che trova la sua conclusione soltanto nell’ultima parola, nell’ultima nota, dell’ultima canzone.

La tua Torino musicale e non.

Non basta lo spazio per raccontarla: mi sono trasferito dal Molise a Torino nel 2004 e ho visto la vita musicale di questa città cambiare pelle molte volte. Posso dire di aver visto i Daft Punk al Traffic (ancora alla Pellerina), Vinicio Capossela al Folk Club e Jorma Kaukonen alla Maison Musique. Ho ballato al Faster e da Gianca. Ho ascoltato i cantautori africani al Parco Stura e Terry Riley con Stefano Scodanibbio al Conservatorio. Ho visto Mike Bongiorno introdurre un concerto di Enrico Rava, assolutamente per caso. Torino mi ha regalato tantissime emozioni e mi ha insegnato quasi tutto quello che so sulle musiche del mondo. Penso di aver davvero “consumato” questa città, fin quando non mi sono accorto che “mangiavo troppo” e ho imparato a contenere il mio mostruoso appetito. La musica a Torino è diventata un regalo prezioso che mi faccio quando scopro che c’è qualche artista che reputo speciale. Con il nuovo anno, per esempio, andrò a vedere Max Gazzé che riporta dal vivo “La favola di Adamo ed Eva”, uno dei miei dischi preferiti in assoluto. E Manuel Agnelli a teatro. Non vedo davvero l’ora.

Per il resto, ho sviluppato una relazione molto dialettica con la città, spero di trovare le parole e la forma giusta per raccontarla, un giorno - è una cosa che mi ronza per la testa da molto, moltissimo tempo. Da un lato sono molto critico sulle sue trasformazioni dal 2012 a oggi, dall’altro sono molto grato per tutto quello che ho ricevuto. Non è un rapporto sempre idilliaco, ma è senz’altro sempre fecondo.

News, live in programma, appuntamenti.

Stiamo lavorando per mettere su un buon numero di concerti e portare il disco in giro, in città e fuori città. Prossimamente uscirà il videoclip della canzone “Cosa è reale”. È un lavoro che mi entusiasma molto, perché l’abbiamo girato nel mio paese in Molise, con l’aiuto di un regista mio compaesano molto bravo e originale. È un tributo alla terra che mi ha accudito e allevato, e contiene delle immagini molto belle (e altre molto strane). Mi auguro con tutto il cuore che possa piacere al pubblico.

Info su https://www.facebook.com/francescorigoni/

Federica Monello

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