Calcio - 04 maggio 2019, 07:30

Puliciclone ricorda il Grande Torino: “Non era solo una squadra di club, ma la nazionale italiana”

Nel 70esimo anniversario della tragedia di Superga, parla Paolo Pulici, il giocatore simbolo dell’ultimo scudetto granata: “Senza la tragedia aerea, quella squadra avrebbe vinto dieci campionati di fila”

Puliciclone ricorda il Grande Torino: “Non era solo una squadra di club, ma la nazionale italiana”

Se Valentino Mazzola è stato il capitano e il simbolo del Grande Torino, Paolo Pulici è stato il bomber dell’ultimo Toro campione d’Italia nel 1976. Nel giorno del 70esimo anniversario della tragedia di Superga, abbiamo chiesto al giocatore che più di tutti ha incarnato lo spirito granata nell’ultimo mezzo secolo, cosa abbiano rappresentato gli Invincibili. “Quella non era solo una squadra di club, ma la nazionale italiana. Per questo deve avere il rispetto di tutti”.

Paolo, il tuo primo ricordo legato al Grande Torino?

“Io sono nato nel 1950, sono arrivato dopo, ma ricordo bene che fu mio padre, tifoso milanista, che mi raccontò cosa era stato il Torino. Perché era la squadra di tutti, perché ha portato dieci giocatori su undici in nazionale, perché anche in trasferta era rispettata e applaudita dagli avversari. E poi era un simbolo vincente in un’Italia uscita sconfitta dalla guerra, che cercava di aggrapparsi a qualcosa di positivo per ripartire”.

E quando sei arrivato al Toro?

Ai miei tempi non c’erano gli allenamenti a porte chiuse come oggi, il contatto con i tifosi era quotidiano. Noi le macchine non le dovevamo neppure chiudere, le guardavano loro… Alla fine di ogni seduta al Filadelfia sentivi qualche tifoso che diceva ‘quello oggi ha fatto una giocata come Valentino’, oppure ‘quell’altro ha fatto un numero alla Ballarin’. Da queste cose capivi quanto il Grande Torino fosse ancora presente. Tutti i giorni”.

Ci si domanda se quello squadrone sarebbe capace di dominare anche nel calcio d’oggi.

Senza quel patatrac, quella squadra avrebbe vinto dieci scudetti di fila. Valentino Mazzola era un giocatore totale e modernissimo. Ma cosa stiamo a dire?”.

Come ti spieghi che il Grande Torino sia un mito che non sente il passare degli anni?

Ti racconto la mia esperienza. Da anni seguo i bambini di una scuola calcio qui a Trezzo, in Lombardia. Io per loro ero solo Paolo e basta, sapevano che avevo giocato in serie A ma non tanto di più. Poi qualche anno fa, quando c’era ancora Don Aldo (lo storico cappellano granata, ndr), siamo venuti a Torino. Il Don ha portato i bambini a Superga, gli ha fatto vedere le immagini del Grande Torino. E anche qualche poster del sottoscritto. 5 di loro sono diventati del Toro e tutti ora sanno chi sono stati gli Invincibili. Se impari a conoscere quella storia ne rimani affascinato”.

Sarai a Torino per celebrare il 4 maggio?

Deciderò solo all’ultimo. Avevo preso da tempo un impegno con i miei bambini e loro vengono prima di tutto. Non c’è solo il 4 maggio per ricordare il Grande Torino… E poi so già come vanno queste cose: se deve finire per le 17.30, io tra foto, saluti e interviste, non vado mai via prima delle 20”.

Questo Toro lo rivedremo finalmente in Europa, l’anno prossimo?

La squadra sta facendo bene, ma senza quei punti buttati via contro squadre di bassa classifica come Bologna e Cagliari adesso ci saremmo già in Europa League. E magari persino in Champions. Ora bisognerà soffrire fino all’ultima giornata. L’importante è che questi giocatori non mollino di un centimetri: noi siamo il Toro, gli altri no”.

Come Pulici ha scritto sotto la sua immagine del profilo whatsapp, usando come foto quella del gol dello scudetto contro il Cesena.

Massimo De Marzi

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